54 volte Carletto Ancelotti, uno di noi!

Carlo Ancelotti, Silvio BerlusconiIn principio, fu il saccente, poi arrivò l’antipatico, dopo due anni bui ecco il fortunato. Il Milan di Berlusconi ha dovuto aspettare ben 16 anni per il “buono”, per l’allenatore in grado di far innamorare la platea come uno dei migliori giocatori, come il Van Basten, il Weah o il Kakà di turno. Carlo Ancelotti è così, è sempre stato così: uno di noi. Schivo e scrupoloso, sanguigno ma morigerato. Quando parli di Carletto parli di noi, di quelli che lo hanno amato da subito, di quelli che hanno gioito a Manchester all’ultimo rigore, hanno esultato per il tricolore dei record, hanno riempito una città intera per il capolavoro di Atene. Mai una parola di troppo, sempre in grado di sbrogliare la matassa alla faccia di chi ha spesso cercato di rendergli il compito ben più arduo del dovuto. Una punta, due punte, la coesistenza Rui Costa-Kakà prima, la coesistenza Kakà-Ronaldinho poi. Insomma, Carlo è l’allenatore con la A maiuscola.

E anche se questo 54° compleanno non lo sta vivendo sulla nostra panchina, come il 53° e il 52° del resto, il piccolo, grande, grosso omino da Reggiolo resta sempre nei nostri cuori, è un po’ come se ci accompagnasse in ogni nostra partita, in ogni nostro trionfo e in ogni nostra cocente delusione. Quanti hanno detto che dopo Sacchi nulla sarebbe stato più come prima? Ebbene, per il vero tifoso rossonero, dopo Ancelotti nulla è stato lo stesso. Arrivò nel 2001/2002 subentrando a Terim, dopo un Torino-Milan 1-0 con rigore di Inzaghi fallito al 90′. Galliani lo strappò all’ultimo al Parma: che mossa, che tempi! L’esordio freddo in casa col Piacenza, uno 0-0 stentato, fu solo l’inizio di una magìa in grado di crescere giorno dopo giorno.

Poco più di un anno e avremmo abbracciato la prima Coppa Italia della gestione Berlusconi e la storica, la più bella, la più incredibile Champions League che un tifoso italiano possa immaginare. E il sogno che continua: la Supercoppa Europea contro il Porto dell’acerbo Mou, quindi lo scudetto al termine di una galoppata fantastica nel nome di Kakà e Shevchenko. Una Supercoppa Italiana da dominatori assoluti, preludio all’imponderabile, al finale di stagione che non ti aspetti: un campionato che sfugge in maniera incredibile, un’Europa che vola via in maniera surreale, fantastica, tragica. E poi Calciopoli, che avrebbe ucciso sportivamente chiunque… E invece no, perché nove mesi più tardi ci ritroviamo Campioni d’Europa contro tutto e tutti! La magìa ci restituisce quanto il destino ci aveva tolto due anni prima: vendetta perfetta col Liverpool, vendetta a valanga col Boca Juniors che ci laurea Campioni del Mondo. E siamo di nuovo anche Supercampioni: il record dei 18 trofei internazionali è servito.

La storia d’amore tra Ancelotti e il Milan, tra i tifosi del Diavolo e il proprio mentore, è qualcosa di difficilmente raggiungibile: perché va oltre i trofei, oltre la forza della squadra, oltre l’amore dei colori. Con Carlo, tu sapevi di essere “a casa”: raggiungevi lo stadio con lo stesso spirito con cui potevi andare a fare una scampagnata con i tuoi migliori amici. Il boato alla lettura del suo nome da parte dello speaker era pari a quello dei top player, degli idoli in campo. Un grande uomo per una grande squadra: un grande cuore in grado di contagiare milioni di tifosi. Quel coro intonato dopo la festa Champions del 2007, quell’Alé… Alé… Alé, Milan alé! è entrato fin da subito nella memoria di noi tutti. E ci resterà per sempre.

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