SM ESCLUSIVO/ Rossi (Ass. Sport Lombardia): “Il Milan testimonial di Expo, ma anche delle Olimpiadi. Regali? Mi brucia ancora Pirlo…”

ANTONIO ROSSIRossonero, simbolo dello sport italiano, ma da qualche mese rigorosamente “istituzionale”. Antonio Rossi, assessore allo Sport e Politiche Giovanili della Regione Lombardia, qualche giorno fa ha chiesto pubblicamente al Milan e all’Inter di applicare il logo di Expo 2015 sulle proprio divise ufficiali. Un’iniziativa che contribuirebbe a promuovere in tutta Italia e nel mondo l’Esposizione Universale che Milano ospiterà per sei mesi tra meno di due anni. Ma Rossi ha pure lanciato una sfida a Roma: portare avanti la candidatura del capoluogo lombardo per le Olimpiadi del 2024. Un sogno, ma non così impossibile, al quale il Milan potrebbe contribuire in maniera decisa. Ne è convinto lo stesso Rossi che in un’intervista esclusiva a SpazioMilan.it illustra tutti i progetti che sta mettendo in campo.

Assessore, partiamo dalla sua richiesta per dare visibilità a Expo 2015 sulle maglie di Milan e Inter. Quale ritorno si aspetta?
“Si tratta di un’iniziativa dal valore simbolico. Di grande impatto, però, perché come Regione stiamo puntando moltissimo sul binomio tra i valori dell’Esposizione Universale e quelli dello sport. Il logo di Expo sulle maglie di un club famoso in tutto il mondo ha la funzione di una incredibile vetrina planetaria per la manifestazione e per tutti coloro che si stanno impegnando a realizzarla nel migliore dei modi”.

Ci sono già stati riscontri positivi dopo la sua richiesta?
“Non è passato un giorno da quando la notizia è apparsa sulla stampa, che siamo stati contattati dalla dirigenza del Como, che si è detta disponibile e orgogliosa di poter supportare Expo. Non sono però io a poter decidere modi e tempi di una eventuale collaborazione, sarà dunque premura degli uffici di Expo valutare questa e altre richieste”.

Quale contributo può dare una società di calcio come il Milan (ma anche l’Inter) per la riuscita dell’Esposizione Universale?
“Credo che il supporto di testimonial universalmente riconosciuti come il Milan (ma anche i cugini, quando torneranno in Eurovisione…) sia molto importante. Soprattutto a livello mediatico, perché consentirebbe di promuovere la manifestazione nei confronti di un pubblico numerosissimo di sportivi che crediamo sia molto importante coinvolgere e per il quale stiamo mettendo a punto iniziative ed eventi che rendano ancor più attraente l’Esposizione Universale del 2015”.

Da troppi anni manca un grande evento sportivo a San Siro: è fiducioso per la finale di Champions League del 2016?
“Purtroppo da troppi anni mancano grandi eventi sportivi, non solo a San Siro. Milano paga una grave carenza di impianti di grande livello, basti pensare che non esiste una piscina olimpica, e questo penalizza tutto lo sport, in modo particolare quelle discipline che non possono contare su budget paragonabili a quelli del calcio. Il mio sogno è che, una volta smantellati i padiglioni che ospiteranno Expo 2015, quell’area possa essere trasformata in una vera e propria Cittadella dello Sport, con strutture moderne e infrastrutture che le rendano fruibili a moltissimi cittadini. Per quanto riguarda la finale di Champions del 2016, non mi risulta che il Comune si sia formalmente fatto avanti, ma bisognerebbe sentire l’assessora Bisconti…”.

Quale gap sconta l’impiantistica per il calcio sul territorio rispetto ad altri competitors europei?
“Gli stadi italiani sono obsoleti e in grande ritardo nei confronti di molte altre nazioni, sia dal punto di vista architettonico, sia gestionale. L’esperienza di Italia ’90 ha poi fatto emergere e amplificato questa situazione. Il problema principale è quello degli stadi di proprietà. Inghilterra, Spagna e Germania sono l’esempio al quale bisogna guardare e per il quale bisogna lavorare, soprattutto attraverso la legge sugli impianti. Importanti società come Inter e Milan, non potendo contare sui proventi derivanti dallo stadio e dal merchandising, si trovano ad avere fino a 100 milioni di euro in meno in bilancio rispetto agli altri grandi club europei. La Juventus, ha dimostrato che si può comunque fare qualcosa di buono ed efficace”.

Olimpiadi a Milano, ci vuole riprovare per il 2024?
“Dopo aver letto l’intervista al presidente del Coni, Malagò non ho resistito e mi sono sentito di rilanciare, sostenendo la mia Regione e il suo capoluogo, che possiedono tutti i requisiti richiesti dal CIO. In Lombardia si pratica il 20% dello sport di tutto il Paese e abbiamo dimostrato in molte occasioni di saper organizzare grandissimi eventi di successo, senza lasciarci prendere la mano da gestioni “allegre” del denaro pubblico”.

In che modo il Milan potrebbe farsi ambasciatore di una candidatura olimpica?
“Basta pensare a quello che è stato il ruolo di Pelè nell’assegnazione delle Olimpiadi del prossimo anno al Brasile. Credo che se ci fosse una delle bandiere del Milan a fare da padrino al progetto olimpico, il suo carisma e i valori che rappresenta potrebbero contribuire a dare maggior peso a una eventuale candidatura italiana”.

Sport e giovani: un connubio che non fa sempre rima col calcio che per anni ha trascurato i vivai privilegiando i grandi campioni esteri. Le piace il cambio di rotta del Milan?
“Moltissimo. Di recente sono intervenuto sulla crisi del campionato Primavera e delle serie minori, che porta alcuni club a piazzare i propri giovani in squadre satellite nei campionati stranieri. Coltivare i nostri vivai deve essere una priorità per tutto il movimento del calcio perché significa investire nel suo futuro e nella competitività dei nostri club e della nazionale”.

E’ un modello esportabile?
“Tutti i modelli virtuosi dovrebbero esserlo”.

Infine, da tifoso rossonero, quale “regalo” si aspetta entro il 2 settembre?
“In realtà ne vorrei due, però uno è “riciclato”… Mi piacerebbe che arrivasse un altro giovane talento italiano, per poter continuare in quella tradizione tutta milanista che ha dato al calcio nomi come Maldini, Baresi o Nesta. Quello “riciclato”, invece, si chiama Pirlo, della cui classe e personalità ci siamo privati troppo frettolosamente”.

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