Alessandro Jacobone in: “Tosel e i suoi otorini”

SpazioMilan ha aperto una nuova rubrica dedicata alle parole, ai ricordi, alle testimonianze dei tifosi rossoneri che, a loro modo, possono scrivere, ripercorrere e raccontare il “loro” Milan. Potete inviare la vostra mail a redazione@spaziomilan.it o lasciare un messaggio sulla nostra pagina Facebook.

Mexex Chiellini Juve-Milan (spaziomilan)Pensavo di averle sentite tutte e di essere grande a sufficienza per aver visto abbastanza in questo mondo e soprattutto nel mondo del calcio. Ma evidentemente non era così. “Discriminazione territoriale” è la nuova moda alla quale i cravattai del calcio si sono recentemente abbonati e che sembra ridondare sui giornali come lo è stato il problema delle mozzarelle blu alla diossina e i polli colpiti dal virus dell’aviaria qualche anno fa. Farebbe anche ridere se i risvolti non avessero preso la piega che hanno preso nelle ultime ore, rendendo ridicolo un argomento dalle basi tutt’altro che tali.

Il razzismo è un argomento troppo serio per essere lasciato in mano a personaggi in cerca di vetrina che con la storia del calcio italiano non hanno avuto mai a che fare e di conseguenza nemmeno con il folclore e le dinamiche dello stadio. Il coro incriminato (“Senti che puzza….”) lo si cantava già ai tempi di Maradona e mentre io ero ancora in procinto a combattere l’acne giovanile, passavamo i pomeriggi a gridarcelo addosso rincorrendo il pallone nel cortile di casa. Si, avete capito bene. Io e i miei compagni di origine partenopea eravamo uniti e quasi divertiti per un coro che aveva in se solo e tanta pura goliardia. Un coro al quale neanche i napoletani doc reagiscono più da anni e forse non lo hanno mai fatto. La protesta della curva partenopea ne è la prova provata.

La discriminazione territoriale è di difficile circoscrizione poichè urta la sensibilità delle persone colpite ma come tale complicato da verificare quanto un giramento di testa dopo un colpo di frusta, ovvero mai. Quello che invece risulta essere assai grave e che non voglio passi inosservata è la discriminazione portata avanti da Tosel nei confronti di alcune curve, per esempio quella rossonera. Neanche il giudice Esposito riuscirebbe a tanto. Una discriminazione mirata che ha preso forma nella maniera più assoluta e sfacciata proprio poche ore fa quando l’unico coro, quasi bisbigliato, è giunto alle fini orecchie degli 007 spersi negli stadi italiani. E così mentre la curva bianconera cantava l’inno italiano con forti riferimenti politici assai lontani dalla solidarietà verso gli extracomunitari, i ben udenti erano probabilmente distratti dalle sexy hostess presenti allo stadio. Nonostante fosse inciso in tutti gli audio delle dirette televisive, sono riusciti nell’impresa di individuare un coro proveniente dalla tifoseria rossonera che neanche gli amici presenti ricordano esserci stato. Wow, e io che pensavo che quelli di CSI fossero dei geni dell’investigazione. Superati ampiamente.

Se nonostante la gelida Torino le trombe di eustacchio hanno funzionato benissimo, mi chiedo che forma di otite abbia colpito i sergenti presenti negli altri stadi. Fiorentini che insultavano i romani biancocelesti; gli interisti che etichettavano col classico “figli di nessuno” i rivali giallorossi. Milano in fiamme e i torinesi tutti appesi. Un minestrone di stupidi quanto simpatici sfottò che condiscono gli stadi dall’età della pietra e che in passato non hanno scandalizzato nessuno. L’apice si è toccato a Bologna con le risse precedenti alla partita e i cori a ridicolizzare il minuto di silenzio per le vittime di Lampedusa. Ma anche questo è rimasto inascoltato quando sarebbe stato invece opportuno dare un segnale che andasse oltre al calcio. Vergogna allo stato puro che non ha avuto punizioni e chiedersi il perchè è alquanto lecito. La risposta potrebbe non piacere a molti e soprattutto ai benpensanti ma la sensazione è che si voglia portare il calcio verso una direzione di loro gradimento molto lontana dalla romantica visione del calcio che ha colorito gli stadi italiani fino a pochi anni fa.

Lo stadio ideale sarà forse quello della Juventus dove pochi e benestanti eletti potranno godersi lo stadio dal vivo mentre tutti gli altri a casa lobotomizzati davanti alle pay per view. Nel tempo si è voluto demonizzare ogni forma di tifoseria organizzata e il folclore che ne derivava. Via i fumogeni e i tamburi prima. Tutti in riga in fila per due adesso. Magari un giorno troveremo sui seggiolini i cori a loro graditi e di conseguenza da loro autorizzati, un po’ come si faceva a catechismo qualche anno fa. Lo stadio non è fatto di pavimenti in marmo, aperitivi in giacca e cravatta con il sedere poggiato su comode poltrone preriscaldate e monitor a portata di mano. Lo stadio è anche e soprattutto di chi lo vive con la passione che ti porta a prendere freddo in compagnia di amici e condividere un panino e salame in attesa che i tuoi campioni scendano in campo. Dato che di campioni non se ne vede l’ombra da tempo, non toglieteci il piacere di andare allo stadio, di incontrare amici, portare i propri bambini per comprare loro magliette e cuscinetti squadra del cuore e di prendere scherzosamente per il culo il tifoso avversario che ritroveremo puntualmente a scuola e al lavoro. Perchè mentre libri ci hanno narrato delle guerre puniche e i nonni raccontato delle due guerre mondiali, a noi della nuova generazione non resterà che raccontare ai nostri figli di aver vissuto allo stadio la stupida guerra dei CAP.

Alessandro Jacobone (Milanisti Non Evoluti) @nonevoluto

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