Brocchi a Forza Milan: “Noi centrocampisti più portati ad allenare. Ai miei ragazzi dico che…”

Lo scandalo calcioscommesse, oltre Gattuso, ha investito pure lui. Proprio come Ringhio, anche Christian Brocchi, attuale allenatore degli Allievi I e II Divisione, ha più volte affermato di non c’entrare nulla con le partite truccate. Al mensile Forza Milan però i pensieri sono tutti i per i suoi ragazzi: “Sono felicissimo per quello che sta crescendo qui al Milan, per le idee e la mentalità del club. Mi sembra di essere tornato indietro nel tempo, quando noi giovani avevamo dei giocatori da seguire che ci davano l’esempio e qualsisi categoria aveva un’obiettivo. Indossare la maglia del Milan rappresentava qualcosa di speciale, diverso rispetto alle altre squadre. Dal momento in cui indossavi quella maglia e portavi quella borsa in giro, automaticamente la tua vita fuori e dentro il campo era segnata da un percorso che ti era stato indicato. Io sono molto contento di far parte di questo progetto, adesso che mi sono reso conto che nulla è cambiato”.

Sugli inizi, non semplicissimi: “Avevo questo tipo di paura: avevo maturato l’idea che i ragazzi non fossero più quelli dei miei tempi, li vedevo con poco spirito di appartenenza, poca dedizione al lavoro e con pochissime regole. Dal primo giorno in cui sono arrivato al Milan ho cercato di insegnare ai ragazzi, che per arrivare e diventare dei campioni, non basta una vita e ho spiegato loro che avevo visto tanti miei compagni del settore giovanile con delle doti tecniche incredibili lavorare duro per mantenersi a livelli alti. Di conseguenza, sto cercando di insegnare loro prima di tutto l’atteggiamento. E’ questo che fa la differenza e va coltivato di pari passo col talento. Essere bravo a calciare in porta, a fare un assist e una conseguenza di quello che provi dentro te stesso“.

Sul bilancio fin qui: “Ho la sensazione di essere tornato a casa. L’unica perplessità che avevo all’inizio riguardava il fatto se fossi in grado di far capire ai ragazzi quello che avevo in mente. A costo di apparire presuntoso, oggi posso dire che quella paura è svanita: mi sono stati sufficienti 3 o 4 giorni di lavoro con loro per sentirmi a mio agio, a questo ha contribuito anche la gioia di rivedere gli stessi colori che mi avevano insegnato a vivere a diventare grande. Tutto ha contribuito a facilitare il mio inserimento in questa nuova realtà professionale. Il risultato del campo è una conseguenza, resta un obiettivo importante ma non è lo scopo principale. Prima di tutto, la nostra missione è quella di formare un giocatore che sia pronto per giocare San Siro. Perché tu puoi vincere un Campionato con gli Allievi Regionali o con la Primavera e magari non tirare fuori nemmeno un giocatore di qualità, dove per qualità intendo non aver paura di sbagliare e affrontare le varie situazioni, di una partita come della vita di tutti i giorni, con il giusto pensiero, con la giusta calma e la giusta personalità. Ora più che guardare al risultato, si sta cercando di formare giocatori in grado di sopportare quelle che sono le pressioni a livello di prima squadra“.

Per quanto riguarda il suo gruppo: “Ho la fortuna di avere un gruppo di giocatori bravi, con delle buone qualità. Molti ragazzi hanno una prospettiva rosea, ma proprio questo paradossalmente rende più difficile il mio lavoro: perché dovrò dimostrarmi capace di non disperdere il loro talento e le loro risorse, continuando a farli crescere per prepararli al grande salto”.

E’ vero che i centrocampisti sono allenatori migliori? “Sì, a mio giudizio la scaletta è centrocampista, difensore e attaccante, se si guarda ai potenziali allenatori. Perché l’attaccante nasce per fare gol e finalizza a questo il suo modo di giocare, pochissime punte sanno fare la fase difensiva o in generale leggere delle situazioni di gioco che i centrocampisti e gli stessi difensori fanno abitualmente. Chi gioca in mezzo campo è avvantaggiato, in quanto vede sia quanto succede dietro sia i movimenti degli attaccanti e finisce per collaborare con entrambi i reparti. Ha una visione più ampia e questo finisce inevitabilmente col favorirlo, nel caso in cui decidesse di allenare”.

 

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