Muntari in tackle sul razzismo: “Il problema è il silenzio, perché vuol dire tollerare”

La lotta al razzismo è un tema sociale molto sentito in casa Milan, e Sulley Muntari dimostra di credere fermamente in questa battaglia. Come emerge in un’intervista sul Corriere dello Sport, il centrocampista ghanese va all’attacco contro i fenomeni di intolleranza che con sempre maggior frequenza prendono piede in ogni situazione. Spesso, è giusto ricordarlo, non solo a discapito di una singola categoria come quella dei calciatori, ma anche contro gente più debole la cui voce rimane lontana da qualsiasi tipo di megafono mediatico.

In tal senso le parole di Muntari risultano essere particolarmente forti, in quanto chiamano in causa una figura di riferimento totale come quella di Nelson Mandela: “Mi ha colpito molto, dopo 27 anni di prigionia ha concesso a tutti una seconda opportunità, è stato un esempio importante che resterà indelebile. Quando sono andato a conoscerlo nel 2010, la mia vita è cambiata e mi sono impegnato a prendere esempio da lui a partire dalla lotta al razzismo”. Inoltre il centrocampista rossonero evidenzia la lacuna culturale ed educativa alla base del problema: “C’è ancora molto da fare su questo fronte. Ci sono persone che hanno una mentalità sbagliata: non c’è differenza in Africa fra nero e bianco, abbiamo tutti lo stesso sangue e arriverà il giorno in cui non si parlerà più di questo. Chi è razzista lo fa solo da lontano, non hanno il coraggio di venire davanti a te per affrontarti, lo dico sempre a Balotelli quando quel genere di insulti lo fa scattare. Combattere il razzismo non è facile, è un problema di educazione. Se in Ghana qualcuno insulta un bianco viene subito redarguito. Il problema è il silenzio, non sottolineare l’errore, perché vuol dire tollerare. Se stai zitto, se non dici niente tolleri l’insulto ed è questo il problema“.

Se come dice giustamente Sulley il problema è l’educazione, allora il tempo nella lotta al razzismo è un alleato prezioso. Perché purtroppo non si può migliorare una società da una domenica all’altra. La maggior parte dei cittadini non è razzista, e in un futuro non troppo lontano, si spera che non lo sia più nessuno.

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