Poli, l’oblio è finito: adesso è tornato indispensabile. L’analisi

Servirà un’impresa, una follia, forse un miracolo o più semplicemente basterà crederci davvero in questo sogno, perché nelle notti di Champions “impossible is nothing”, e noi, proprio noi, non possiamo dimenticarlo.

E, tanto per rimanere in tema di “note liete”, nonostante la sfortuna e la sconfitta, la partita di mercoledì ha lasciato un retrogusto agrodolce ai tifosi milanisti.

Il bicchiere mezzo pieno del Milan è lui, Andrea Poli, praticamente all’esordio sotto la guida di Seedorf e già autore di una gara che gli varrà la riconferma. Il quasi-gol nel primo tempo, i varchi creati nella difesa spagnola, la spinta, la grinta, sono un vero patrimonio per il reparto avanzato del Milan. Ma, al contempo, le palle recuperate, quelle gestite, il lavoro di sostanza accanto a De Jong, rendono ancor più chiaro il suo volto eclettico e la sua attitudine anche alla fase difensiva.

Quella con l’Atletico è stata forse la migliore partita del corso Seedorf, e il fatto che sia coincisa con il rientro a pieno regime di Poli non è un caso. Con lui la squadra ha trovato la giusta quadratura, il 4-2-3-1 che l’olandese tanto ama non è più sbilanciato, si rischia meno ma si crea paradossalmente anche di più.

Poli è un giocatore “camaleontico”, che adatta le proprie caratteristiche al momento specifico della gara, alternando inserimenti e copertura, grazie a un grande senso della posizione. Ma, al di là delle qualità tecniche non bisogna dimenticare che Poli è un ragazzo nel pieno della crescita umana e calcistica, sempre posato, educato, grande lavoratore sui campi d’allenamento e trascinatore su quelli di gioco.

Il Milan, con lui, sembra aver trovato l’elemento chiave: equilibrio; ora, uno così, non si può proprio più lasciare fuori.

Impostazioni privacy