Cassano sgancia “bombe” contro il Milan. L’ingratitudine è di casa…

Sarà che si è riparlato di Nazionale. Sarà che contro il Milan ha proprio il dente avvelenato (senza averne mai realmente spiegato il perché). Sarà che da interista patisce proprio a vedere i colori rossoneri. Resta che Antonio Cassano perde sempre l’occasione di salire su un treno che lo porterebbe molto più lontano di dove è arrivato: quello del rispetto e della gratitudine. O almeno quello del “buon tacere“.

Se sono deluso dal Milan? Sono interista. Le squadre di cui devo parlar bene sono Sampdoria, Inter e Parma. Non mi interessa niente delle altre squadre in cui ho giocato”, questa la miccia che l’attaccante ha voluto accendere a pochi giorni dal match che domani vedrà il suo Parma impegnato contro gli “odiati” ex compagni del Milan. Perché queste parole? Eppure Cassano al Milan è stato trattato come un figlio, soprattutto quando nel novembre 2011 venne operato d’urgenza al cuore dopo aver accusato un malore di ritorno dalla trasferta di Roma. Ha combattuto per tornare in campo, possibilmente più forte e più carico di prima. Ha sempre avuto tutto lo staff rossonero, da Silvio Berlusconi all’ultimo magazziniere dalla sua parte. Pronti ad aspettarlo, ad aiutarlo a sconfiggere qualsiasi titubanza. A dargli coraggio. Senza dimenticare il ritorno in campo. E poi la penultima giornata a Siena, con l’abbraccio al medico sociale Tavana e il calcio nel sedere a Ibrahimovic. Poi il black-out. I capricci. Il ritiro dell’estate 2012 passato a tenere il broncio pur di andare all’Inter. Quindi le prime dichiarazioni al vetriolo.

Insomma, un personaggio che è stato coccolato e che ha poi sbattuto la porta (in faccia) quando ha deciso. Non è certo la prima volta che il Milan incassa ingratitudine. Capita, come capita nella vita a tutti. Eppure la squadra rossonera resta una delle tante tappe della carriera di quel Cassano che di fatto non è mai “esploso”. E che forse l’immagine più bella che ha regalato al calcio italiano resta quella del gol all’esordio in Bari-Inter 2-1 del dicembre 1999. Pazienza per le “bombe” che sgancia. Pazienza se non lo vedremo più in maglia azzurra. Proprio la parabola della vita, quando si vuol dire: “Chi è causa del suo mal. pianga se stesso…”. Ma anche a piangere bisogna esserne capaci. E speriamo che domani i tifosi rossoneri sfoderino l’arma che fa più male ai “malati” di protagonismo: l’indifferenza.

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