Taarabt, e chi se lo aspettava?

Lino Dimitri è giornalista pubblicista dal 2012. Redattore di SpazioMilan.it dal settembre 2011: è sua la firma nell’editoriale del sabato. Lavora nella redazione di LecceNews24.it occupandosi di cronaca, politica, eventi e sport. In passato ha collaborato con Bordocampo.net e Sportmain.it.

Le strade del calcio possiedono dinamiche singolari, al punto che persino Flavio Briatore possa consigliare un giocatore ad Adriano Galliani. Ma nelle sue mille vite, l’imprenditore che viene dalla campagna cuneese ha anche posseduto una società di calcio. E al Queens Park Rangers ha avuto modo di innamorarsi del genio di Adel Taarabt, che si stava immalinconendo in Premier League. Un suggerimento che l’ amministratore delegato del Milan ha colto al volo, passando sopra i problemi comportamentali che il marocchino si è sempre trascinato dietro.

Questi non possono certo condizionare una squadra che affida gli attuali destini a Balotelli e che nel recente passato ha fatto transitare da Milanello gente come Ibrahimovic e Cassano. Anche perché Galliani è stato rafforzato da almeno un paio di aspetti: il desiderio di Taarabt di finire al Milan (“L’unica italiana che avrei accettato”) e la consapevolezza dello stesso giocatore di non poter più perdere tempo, soprattutto quando si ripete alla noia di avere il Real Madrid nel proprio destino. Il marocchino pare infatti aver sposato finora più cause perse che progetti grandiosi, quelli che tutti gli preconizzavano fin dai tempi in cui palleggiava per i campetti di Marsiglia.

Facile incollargli addosso l’etichetta di nuovo Zidane, anche per la comune origine maghrebina e per la capacità di lasciarsi dietro avversari con la palla attaccata al piede. Ma se Zinedine ha scoperto i colpi di testa (in tutti i sensi…) soltanto a carriera ampiamente avanzata, Adel è subito stato segnato dall’insofferenza alla disciplina. Litiga con i ct del Marocco, preferito alla Francia per ragioni di cuore e di opportunità: “Quando la Francia perde è sempre colpa di neri e africani…”. Litiga con le società, a cominciare dal Tottenham che lo porta in Inghilterra quando non ha ancora 18 anni: “Avrei fatto meglio a firmare per l’Arsenal, lì credono nei giovani”. Litiga con ogni allenatore che passa sulla sua strada, al punto da lasciare lo stadio all’intervallo, dopo una sostituzione, salire su un bus e finire a vedere la partita con il Fulham in un pub.

Il suo talento lo si nota soltanto nel 2011, anno in cui riporta proprio il Qpr in Premier dopo 15 stagioni di assenza. Ma è un lampo, tra insofferenze alla disciplina e partite di scarso contenuto. Al punto di rischiare un’altra etichetta a 24 anni, quella di pensionato precoce in una realtà tutt’altro che avvincente quale il Fulham. Una condizione da cui lo tolgono le paroline di Briatore e la determinazione di Galliani. Debutta a Napoli con un gol, si ripete a Genova contro la Sampdoria, stavolta in maniera decisiva. Presto per dire se il bad boy abbia svoltato, ma ora toccherà alla famiglia Berlusconi dare una risposta: 7 milioni per riscattarlo dal Qpr si possono raccogliere.

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