Eppure c’era l’alternativa a Inzaghi. Ora la “ricostruzione”, in ritardo…

Piermaurizio Di Rienzo è giornalista professionista dal 2006 e coordinatore dei contenuti di SpazioMilan.it dal 2012. Dopo quasi un decennio di redazioni (Il Giornale, Leggo, Libero, Radio Lombardia e Sole24Ore), si è occupato per oltre due anni della comunicazione di alcune tra le più importanti manifestazioni fieristiche europee prima di intraprendere l’attuale strada di Food&Beverage Manager a Milano. Conduce il varietà sportivo “Falla Girare” ogni domenica su Radio Reporter.

Sarebbe, anzi è, alquanto azzardato definire oggi giusta o azzardata la scelta di affidare la panchina del Milan a Filippo Inzaghi. Visti i precedenti, tutti farebbero bene a sospendere giudizi e valutazioni aprioristiche. Poichè, come sempre, sarà il campo (e non solo) a darci il verdetto tra qualche mese. Ma una cosa è emettere sentenze su questo tipo di decisioni, altra cosa è provare ad analizzare gli ultimi mesi rossoneri e formulare un’ipotesi su quel che forse sarebbe stato giusto per questa delicatissima fase della storia milanista.

L’ultima stagione passerà ormai alla storia come la più travagliata dell’era di Silvio Berlusconi al timone del Milan. Mai un tecnico (Massimiliano Allegri) era partito col peso della sfiducia presidenziale, mai un tecnico (Clarence Seedorf) si ritrovava perso nel vuoto dopo poche settimane per errori personali e giochi di potere all’interno della società. La cosiddetta “ricostruzione” doveva avvenire due anni fa quando i “Senatori” (compreso Seedorf) salutarono. E insieme a loro due pezzi da novanta come Thiago Silva e Zlatan Ibrahimovic. Oggi è arrivato il momento di “ricostruire”. Con due anni di ritorno e dopo aver toccato il fondo della mancata qualificazione in Europa. E per “ricostruire” (rifondare è un verbo che l’uomo di Arcore non gradirebbe) ci vorrebbe esperienza.

In questo contesto l’uomo più “abbordabile” che avrebbe garantito quell’esperienza giusta per traghettare il Milan fuori dall’Inferno sarebbe stato Roberto Donadoni. Il suo profilo era senz’altro il più azzeccato. Ma la società, al netto delle trattative col buon Emery (alzi la mano chi ne aveva seguito le imprese spagnole prima di parlarne come il migliore), ha scelto Filippo Inzaghi che, a sua volta, era stato scelto da tempo da Adriano Galliani.

L’auspicio di tutto il popolo rossonero è che Superpippo possa rinnovare dalla panchina i fasti della sua gloriosa carriera di bomber. E le premesse mostrate nel Settore Giovanile sono incoraggianti. Ma forse è giusto che la società si renda conto che anche sotto il profilo mediatico il nome di Inzaghi per il ruolo di allenatore non basta a scaldare il cuore dei tifosi. Già, perchè era già successo con Seedorf e abbiamo visto come è andata a finire. Anche il più distratto dei tifosi non abbocca più con le emozioni e Inzaghi non può e non deve essere la panacea dei mali di questo Milan. E’ tempo di fatti. E’ tempo di “ricostruire”.

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