Inzaghi è già un marchio di fabbrica. E gli “scarti del PSG”…

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Parametri 0. Punti 3. Questo è il bilancio dell’estate rossonera. Galliani e Inzaghi pensano ai fatti. Le parole d’estate evaporano come i fumi dell’alcool o degli allucinogeni nelle notti di Ibiza. I segni però restano, indelebili. Come indelebile è il segno lasciato da Inzaghi sul suo Milan. Il marchio di fabbrica già si vede. Abbiamo un’idea di gioco, siamo una squadra. Finalmente. La grande unità di intenti in campo e la voglia di sacrificarsi sono il principale elemento che Pippo ha portato in questa squadra. Lo sapevamo. Già da molto prima che Inzaghi fosse ufficializzato allenatore. Non c’è niente di peggio di una squadra scarsa che gioca pensando di essere forte. La forza di Pippo è stata questa: capire qualità e limiti di questa squadra e farla giocare di conseguenza. Umiltà innanzitutto. Se hai in rosa i campioni puoi fare la partita, come il Milan di Berlusconi ha quasi sempre fatto per 28 anni. Ma se non hai in rosa i campioni devi adattarti e giocare diversamente. Anche in contropiede. Non è certo una vergogna. Anzi.

Contro la Lazio il Milan ha fatto questo e, finalmente, abbiamo cominciato alla grande il campionato. Certo, i difetti ci sono e andranno corretti. Il gol dell’1-3 ha fatto tornare vecchi fantasmi nelle gambe e nella testa dei giocatori: sintomo tipico di una squadra convalescente. L’atteggiamento contropiedista va bene in questo tipo di partite, magari in casa contro il Chievo chiuso a riccio bisognerà trovare soluzioni diverse. Ma per tutte queste cose ci sarà tempo. Intanto vediamo tutta la squadra che abbraccia Pippo dopo il 2-0. Intanto scopriamo che gli “scarti del PSG” sono i migliori in campo. Intanto esultiamo al gol di Honda “preso solo per vendere le magliette”. Intanto ammiriamo le chiusure di Alex e poche ore dopo gli errori di Vidic. Intanto vediamo il pubblico di San Siro che va allo stadio con l’idea di contestare e poi, con il passare dei minuti si entusiasma grazie alla rabbia e alla determinazione dei rossoneri.

Purtroppo lo stesso atteggiamento non ce l’hanno gli invasati contestatori quasi dispiaciuti nel veder crollare tutte le loro velenose tesi estive sotto i colpi di Pippo, il “vero” antivirus. E non si danno pace nell’essere costretti ad applaudire l’entusiasmante Milan operaio contro la Lazio. Non si capacitano di come Galliani abbia messo in squadra 4-5 grandi giocatori senza aver speso un euro per i cartellini. Le “mazzette” vergognosamente e subdolamente denunciate dai vigliacchi off records e online sono diventate “mazzate” alla Lazio e alle loro farneticanti convinzioni. I residui refoli irriducibili si sono registrati nell’ultimo giorno di mercato quando il Milan ha ceduto alla bellezza di 6 milioni un prodotto del vivaio pagato 25.000 euro! Con l’incasso è arrivato Bonaventura “Jack al river” unico giocatore “pagato” da Galliani. Con sconto last minute da vero condor.

Molti, soprattutto il sottoscritto, aspettavano Cerci, bloccato da gennaio fino al 30 agosto. Ma per l’esterno del Toro, che ha atteso il Milan fino all’ultimo, servivano soldi. E in questo momento il Milan non può spenderne. Anche dopo la cessione di Balotelli, l’input presidenziale è stato chiaro: “Non possiamo spendere nulla per i cartellini, possiamo solo accollarci gli ingaggi facendo attenzione a non far alzare troppo il costo del lavoro”. Non a caso Bonaventura é stato pagato con i soldi del Benfica. I tempi sono questi, non c’è da nasconderlo né da nascondersi. Nessun milanese deve vergognarsi se 20 anni fa faceva shopping in Montenapoleone, mentre adesso ci vanno solo i russi e gli italiani possono permettersi solo l’outlet. Nel calcio è la stessa cosa. Basta non perdere orgoglio, dignità. E soprattutto la fede nel Milan. Che è diversa dalla “malafede”.

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