El Shaarawy come anti-Mancini

Piermaurizio Di Rienzo è giornalista professionista dal 2006 e coordinatore dei contenuti di SpazioMilan.it dal 2012. Dopo quasi un decennio di redazioni (Il Giornale, Leggo, Libero, Radio Lombardia e Sole24Ore), si è occupato per oltre due anni della comunicazione di alcune tra le più importanti manifestazioni fieristiche europee per poi intraprendere la strada di Food&Beverage Manager e CEO di una società del settore moda a Milano. Conduce il varietà sportivo “Falla Girare” ogni domenica su Radio Reporter. E’ direttore editoriale della free press pomeridiana Mi-Tomorrow

L’ha detto pure Pippo Inzaghi parlando con l’amico Bobo Vieri. Parola in più, parola in meno, il ragionamento non cambia: un cambio sulla panchina dell’Inter prima del derby non era proprio cosa auspicabile. Anche perchè, con un po’ di sadismo, c’è una parte della tifoseria rossonera che avrebbe goduto non poco nel dare l’eventuale colpo di grazia a Walter Mazzarri al termine di una serata vittoriosa nella stracittadina. Ma è andata così. E Roberto Mancini ora rappresenta uno spauracchio. Un tecnico come lui rappresenta una sferzata per ogni ambiente. Figuriamoci dalle parti di Appiano Gentile dove è conosciuto e dove ha vinto parecchio.

Entriamo, quindi, nella settimana calda. C’è un derby da preparare con cura e tanti dubbi da sciogliere. Superpippo dovrà prima o poi convincersi sulle gerarchie in attacco: Torres o Menez o Torres-Menez sarà un tormentone destinato a riecheggiare per i prossimi giorni. Eppure l’arma in più, mai come stavolta, si potrebbe chiamare Stephan El Shaarawy. Il Faraone sarà l’anti-Mancini? Ci sono diversi motivi per pensarlo.

L’ultimo gol a San Siro dell’attaccante italiano risale al derby di ritorno della stagione 2012/2013: da quella rete scattò un digiuno interrotto solo nove giorni fa a Genova contro la Sampdoria. Non ci può essere partita migliore per confermarsi. Non solo. La prestazione offerta ieri sera con la maglia azzurra non è semplicemente incoraggiante per lo stato di forma fisica, ma, soprattutto, un’iniezione di fiducia a livello psicologico di grande portata. C’è da scommettere che Conte abbia davvero servito un assist a Inzaghi. Un po’ come succedeva nella Juve della fine degli Anni Novanta. Tutto scuola Ancelotti, tra l’altro.

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