Jeremy, croce e delizia: tanti goal, ma la prestazione rimane low cost

Sette goal, di cui quattro su rigore, ma pur sempre sette goal. Una leadership sempre più evidente e riconosciutagli sia dai compagni sia dal tifo. Inutile davvero negarlo: Jeremy Menez vuole prendersi il Milan.

L’ha fatto nel derby,  con un colpo di fioretto di quelli che danno un colore diverso ad una partita già sentitissima. L’ha fatto ieri con una doppietta tanto importante quanto voluta e cercata. Già, forse anche troppo cercata.

Nonostante il rapporto idilliaco con Pippo Inzaghi, l’esser diventato capocannoniere della squadra e l’evidente centralità da lui rivestita nel gioco rossonero spesso e volentieri si ha la sensazione che l’ex PSG voglia troppo. E la ricerca dell’eccesso, spesso e volentieri, lo porta ad estraniarsi per periodi troppo lunghi della partita.

La continuità di prestazione, insomma, è ancora quasi sconosciuta. È da quella forse più dal goal, però, che attualmente questo Milan non può prescindere. Il bel goal, inutile negarlo, scalda o cuori di tutti: accanto a quello, sempre apprezzatissimo, serve, però, anche meno egoismo in zona goal, meno voglia di spaccare il mondo da solo e più propensione al gioco di squadra. 

Il Diavolo e Inzaghi, ormai è evidente, come già detto non possono fare a meno di lui. La responsabilità, insomma, è grande. Occorrerà più voglia di crescere insieme, più altruismo. Perché di giocatori come lui non è affatto pieno il mondo. Perché il talento più puro, la giocata più d’effetto deve essere sempre messa al servizio del bene comune. La squadra, in questo caso.

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