Destro, panchina che fa rumore e una decisione che incombe

Un’esclusione che fa rumore. È inutile negarlo. Quando è arrivata l’ufficialità della panchina di Desto, tifosi e addetti ai lavori hanno fatto un balzo sulla sedia perché, sulla base delle dichiarazioni della vigilia, nessuno se lo sarebbe aspettato. Non tanto per il sostituto, Pazzini, autore della solita partita di sportellate per ritagliarsi qualche centimetro utile nell’area del Verona, mal supportato da una costruzione offensiva latitante. Piuttosto per una questione di coerenza, di contratti e di prospettive.

Il Pazzo, 30 anni compiuti e un contratto in scadenza che non verrà rinnovato, è stato perennemente relegato ai margini del progetto rossonero, sacrificato alle esigenze di Torres o del “falso nueve” Menez. Minuti? Pochi, anzi pochissimi in campionato, salvo qualche apparizione con gol in Coppa Italia e nell’amichevole esotica contro il Real Madrid. Per il resto, panchine, attestati di stima in conferenza stampa e niente più, fino alla decisione di vendere il poco rimpianto spagnolo e di prendere Destro, in prestito con diritto –non obbligo- di riscatto. L’ex Roma gioca, segna il suo primo gol ma si vede costantemente sostituito proprio dal Pazzo, fino all’esclusione assordante della serata di San Siro.

È così che, quando forse non ci sperava più nemmeno lui, il Pazzo torna a giocare spesso, segna un gol su rigore e naufraga come il collega di reparto nella sterilità offensiva di una squadra in crisi. Al di là delle prestazioni dei due, sovrapponibili come due perimetri della stessa figura, ciò che non si riesce a capire è l’improvvisa rivalutazione di Pazzini, al cospetto di un ventitreenne sul quale incombono decisioni importanti. O ci si crede, si investe in estate e si punta su di lui, senza se e senza ma, oppure si sceglie di non farne un pilastro del Milan del futuro, per quanto giovane e italiano. Una decisione che non può e non deve essere figlia del momento di deriva generale perché, quando il mare è agitato, anche un temporale può sembrare una tempesta.

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