Je suis Jeremy, il nuovo Milan va dove lo porta il leader francese

E’ l’uomo delle contraddizioni, il principe del chiaroscuro: o bianco o nero, ma è nel grigio che bisogna cercare tutte le sue qualità. Menez per la prima volta in carriera si sta affermando molto più croce che delizia, soprattutto è il vero giocatore in più del Milan. Un peso positivo, perché senza di lui la stagione sarebbe nettamente peggiore.

Sabato sera ha effettuato 39 passaggi giusti e 9 negativi, vinto 4 contrasti e persi nessuno, recuperato 7 palle e perse 20. Ma il dato più significativo, come spesso accade, è quello sui palloni giocati: 74, il secondo rossonero dopo Abate (77). Non è detto che questo sia un bene, ammette stamane La Gazzetta dello Sport, perché la sua anarchia rischia di creare degli scompensi tattici, ma è sicuramente il segnale di una grande generosità e della consapevolezza del ruolo di leader. Con il Cagliari è stato il trascinatore: assente per un quarto d’ora, insieme ai compagni, poi brillante, infine lodevole a girovagare per il campo in cerca d’ispirazione. Adesso la classifica capocannonieri diventa un obiettivo primario. Un milanista non vince il titolo di bomber dal 2011-2012 (Ibra, 25 gol), mentre nell’era Berlusconi Jeremy è il dodicesimo marcatore a raggiungere quota 15 gol dopo 28 giornate.

Menez ha imparato a segnare con Inzaghi in panchina, aiutandosi con l’infallibilità dal dischetto: sono già 8 i rigori realizzati, nei primi cinque campionati europei solo Cristiano Ronaldo (9) ha fatto meglio. Menez, scrive la Rosea, incide più di CR7, vista la carenza di campioni al suo fianco. L’ex PSG si arrangia a modo suo. E’ un falso nove che parte da esterno, che amare iniziare l’azione fuori dall’area. Non cambiatelo, vi porterà in alto. E il Diavolo se lo gode.

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