È finita!

È finita! No, non è un urlo di un telecronista al termine di una gara esaltante di una squadra italiana in coppa, è il pensiero che ogni tifoso milanista ha pensato ieri al triplice fischio di Atalanta-Milan: finalmente è finita questa stagione.

Annata maledetta, quasi raccapricciante, iniziata e finita con due 3-1, il primo sulla Lazio, in un San Siro che strabordava di entusiasmo, l’ultimo ieri sera, a Bergamo, in una situazione emotiva completamente diversa. In mezzo tante sconfitte, dodici, moltissime gare al limite del vergognoso, come le recenti contro Udinese e Genoa. Si chiude con indifferenza e con un distacco abissale dalle prime l’avventura sulla panchina rossonera di Filippo Inzaghi, inghiottito dal tritacarne della mancata esperienza. Negli ultimi mesi è passato, indirettamente, il messaggio che fosse solo lui l’unico colpevole: non è così e la società lo sa, però a pagare, e sempre sarà così, sarà prima l’allenatore.

Ieri è stata anche l’ultima gara per alcuni giocatori, come Pazzini che ha concluso con un altro gol su rigore. Da lunedì si inizierà a discutere di rinnovi, cessioni e acquisti, ma al momento una conferma del Pazzo sembra molto difficile. 52 punti finali, pochissimi per una squadra come il Milan. In attesa della gara di oggi il Diavolo ha raggiunto l’Inter in classifica, a testimonianza di una Milano calcisticamente in crisi nerissima, anzi rossonerazzurra. Una magra consolazione quella di aver raggiunto i cugini, una corsa provincialistica che non è mai stata della città che infatti la vive in maniera del tutto distaccata e anonima.

Ma ormai tutti questi dati sono già andati in archivio, è come se fosse stato solo un brutto sogno, durato fin troppo. Ora si riparte, sperando di tornare a parlare di Milan come merita il suo nome e la sua storia.

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