Per il Milan un decimo posto che costa 280 milioni: il vero problema non sono i soldi ma la gestione

Da qualche settimana a questa parte, il tema principale in casa rossonera è l’eventuale cessione di quote societarie perché, per stessa ammissione del presidente, le finanze della famiglia Berlusconi non bastano più per rimanere ai vertici del calcio mondiale. Non c’è tifoso milanista che non stia sperando, anche solo per pochi secondi, che un eventuale passaggio di proprietà significhi capitali freschi, grandi operazioni sul mercato e nuovi campioni a Milanello. Ciò che passa in secondo piano, però, sono i 91 milioni di passivo del bilancio approvato un paio di settimane fa, uno dei più rossi dell’intera gestione Berlusconi.

Detto che una parte della perdita (circa 36 milioni) è giustificata dalla scelta di rinunciare ad alcuni benefici fiscali, forse anche in vista di un’eventuale cessione, il passivo rimane comunque pesante. Complessivamente, la gestione del Milan –sommando ricavi (233,6 milioni) e perdite ordinarie (46,4 milioni)- è costata 280 milioni di euro, troppi per una squadra che si barcamena tra l’ottavo posto dello scorso anno e il decimo attuale. Una cifra addirittura superiore a quella relativa all’ultimo bilancio (2013-2014) approvato dalla Juventus, in cui la somma di ricavi e perdite ammontava a circa 249 milioni. La gestione rossonera è costata come quella di un Top Club europeo ma i risultati sono stati quelli di una società di media classifica e, da questo punto di vista, poco c’entrano i capitali e gli investimenti della proprietà.

Al di là dell’identità del futuro proprietario del Milan, che comunque dipenderà esclusivamente dalle decisioni di Silvio Berlusconi, ciò che è evidente è che serve un deciso cambio di marcia nelle scelte tecniche e nella gestione dei capitali. Se il lavoro di Adriano Galliani è stato all’avanguardia dal punto di vista commerciale, portando il Milan a ricavi superati solamente dalla Juventus con lo stadio di proprietà, dal punto di vista sportivo le scelte degli ultimi anni sono state controproducenti. Tanti parametri zeri che hanno implementato il terzo monte stipendi della serie A, nonostante il taglio dell’ultimo biennio, mentre in casa ci sono pochi giocatori che hanno un valore economico rilevante. Anche con ricavi come quelli attuali, si può fare meglio nella gestione tecnica, magari con una vera programmazione basata su giovani di prospettiva o comunque spendibili sul mercato. In tal caso, i nuovi capitali sarebbero solo un ulteriore stimolo.

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