Anca par stavolta a l’Inter el gavemo ficcà“: #GreatestDerby #1

Nuovo appuntamento con Sympathy for the Devil: Milan, storie e rock and roll, uno spazio a cavallo tra passato, presente e futuro al ritmo di un brano che evoca più di una suggestione sull’argomento proposto.

interista diventi pazzoSull’urlo di una crisi di nervi
Milan-Inter 0-0, 24 ottobre 2004

Se è vero che a parole non si vince, è altrettanto vero che si può vincere con la fantasia: ed è per quello che un apparentemente anonimo 0-0 – neanche malaccio tra l’altro – stava già agli archivi come successo rossonero ancora prima del fischio d’inizio. Bastò una srotolata prima del fischio d’inizio ed voilà, Munch revisited, un Urlo nerazzurro e sì, ecco l’interista pre-Calciopoli che diventa artisticamente pazzo. Nell’infinita sfida delle coreografie, quella valse davvero la teca. Cos’è il genio?

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bigonIl fattore chiappa
Inter-Milan 2-3, 28 novembre 1971

Sissignori, tutti lo sanno, i derbies si vincono anche col culo, sempre e solo metàforico: ma per una e una sola volta reale, trionfò il culo inteso come due glutei e tutto il resto. Particolarmente possenti (esempio: big Clarence Seedorf) non erano quelli di Albertino Bigon, che pur tuttavia vennero centrati in pieno dal rinvio di Tarcisio Roccia Burgnich, lodevolmente impegnato a spazzare a tutto piede la propria area. Il Nostro si era istintivamente girato per proteggersi, e quando, centrato prima sui tacchetti e quindi sul bianco pantaloncino, si rimise faccia alla porta, vide questa contenere un pallone. Milan batte Inter 3-2, pure decisivo, a 5 minuti 5 dalla fine. Per il tifosone doc, il nirvana e il giulebbe messi insieme. (Foto: Magliarossonera.it)

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Il grande pennello su sfondo bianco
Milan-Inter 2-0, finale Coppa Italia, 3 luglio 1977

Spostarono la finale di Coppitalia dall’Olimpico a San Siro, e ce mancherebbe pure visto che, for the first time, la scena madre sarebbe stata girata dalle due dirimpettaie di sempre. Estate piena, a Milano già impera l’anguria, Beppe Viola intervista al vecchio sbocco sul campo, angolo nord-ovest. Il Milan si è salvato dalla B all’ultima giornata. L’Inter ha fatto il solito campionato anni ’70 da iscrizione alla “ex grandi anonime”. È l’ultimo Rivera-Mazzola, perché il Baffo ha appeso il fatidico chiodo a cui apporre le scarpette. Rivera, al minuto 65′, dimostra tramite il braccio di Maldera come per vincere non ci voglia un pennello grande, ma un grande pennello (vedi video); Mazzola come tutta l’Inter resta in bianco, proprio come la divisa imposta dalla Rai: se no, col bianco e nero e in notturna, da casa se capiva nagòtt. Ah, secondo gol di “Jesus Christ” Braglia. È l’ultimo urrà da Paròn della panca di Nereo Rocco. Ah, a proposito.

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Come festeggiare un derby: docente, il Paròn
Inter-Milan 1-3, 6 novembre 1977

Dunque, proseguiamo: a luglio brindisi in Coppa, a ottobre in caraffa, colma di Barbaresco. Lasciata la guida del Diavolo nelle sapienti mani di Liedholm, Nereo Rocco si concesse l’ultimo giro della sua vita milanista e no nei panni di direttore tecnico e di innamorato del suo club, del suo mondo, dei suoi amici, dei suoi perdonabilissimi vizi. Il Milan, primo in classifica tra la sorpresa dei sapientoni, schiantò pure l’Inter nel derby di andata grazie a Rubens Pannocchia Buriani, esordiente nella corrida e subito matador con due splendidi gol. Gigi Garanzini, nel suo irrinunciabile, “La leggenda del Paròn”, racconta di una notte di bisbocce senili ma non troppo, anticipata dall’inarrivabile Beppe Viola nel magnifico racconto che trovate qui sotto. Co-protagonisti i giornalisti – immancabile Gianni Brera – e un’auto che, all’alba, nel nebbione ormai estinto, riporta l’allegro Nereo a Milanello: canzoni triestine, urlacci ai compagni di viaggio e una considerazione tecnica finale: “Anca par stavolta a l’Inter el gavemo ficcà”. Non serve traduzione, un vero milanista, anche from Alaska, capisce al volo.

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derby 1981Mosca, Squali e urli mai visti
Inter-Milan 2-2, 6 settembre 1981

Persino il grande Maurizio Mosca, catturato dall’enfasi, scivolò in uno sfondone da prima pagina (ma magari lo fece apposta, chissà) sulla Gazzetta: “Al gol di Jordan un urlo mai visto”. No sentito: visto. Vabbé. Ma la zuccata vincente dello Squalo proprio sotto la Sud al suo primo derby (girone di qualificazione di Coppa Italia, 1981: ma non fatevi ingannare, la Scala era sold out e la Coppa ai tempi era ancora roba seria) fece tremare le gradinate diavoliste, aiutò a sognare e rese grande consolazione per il 2-2 poi preso a tre minuti dalla fine dal 17enne Beppe Bergomi, già tifoso del Milan, che affondò vittoria e passaggio al giro seguente. Fosse stato solo quello: a fine stagione il povero Diavolo, sdentato come il suo generoso Squalo, sarebbe rotolato in serie B.

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Anche Franz usa le tre dita
Inter-Milan 0-3, 10 febbraio 1993

La Coppa Italia è proprio quel baule nella soffitta dei nonni che non tocchi quasi mai, tanto sai che è lì e c’è roba di scarto, tagliata dal salotto buono. Poi lo apri, una cavolo di volta, frughi un po’ bene e riscopri dei piccoli tesori. In questo caso, il 3-0 dell’edizione 1992/93, un selvaggio party milanista reso prezioso da un gol pazzesco e ingiustamente dimenticato, Papin in girata volante di tacco su cross di Lentini. Sotto la Sud, come bella tradizione vuole. Risultato pesante in un momento molto acre della rivalità (sì, una volta c’era) tra le due squadre: e fu così che il solitamente calmo e olimpico Franco Baresi, a fine partita, andò a spianare tre dita sotto al naso del famoso capo ultrà nerazzurro Nicola Berti. Ne uscì un parapiglia negli spogliatoi che coinvolse anche Maldini, amico dell’agitato e agitatore interista: “Meglio sconfitti che milanisti”, sbruffò in sala stampa il Nick dal ciuffo ribelle. I due, sodali di vita milanese e compagni in azzurro fin da ragazzini, non si rivolsero più la parola per un fracco di tempo.

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È partito Kakà
Milan-Inter 3-2, 21 febbraio 2004

C’è una strana algebra nascosta nel calcio, fatta di equazioni che producono risultati certi, logici come e quanto accade nella matematica. Qualcuno li chiama più semplicemente segnali. In un derby che versava in condizioni critiche, gli addendi del più facile dei 3-0 fallito da Adriano e della zampata velenosa di Jon Dahl Tomasson, a tutt’oggi il miglior dodicesimo uomo visto nel Milan nel nuovo millennio, fecero idealmente capire a un Diavolo ancora sotto nel punteggio che in realtà quella partita era ancora lì, sorridente, bella, da prendere. Stava solo aspettando. Riccardo Kakà, fuoriclasse educatissimo nei piedi e nei modi, non poteva comportarsi in maniera sgarbata: e soli 60 secondi dopo la zampata dello scorpione bianco (Pellegatti dixit), parti dalla linea di metà campo come un siluro a pelo d’acqua, dritto per dritto, verso l’area interista, con in sottofondo un “ooooo” in vertiginoso crescendo acustico. Fu in quel preciso momento, ancora prima della palla in rete, dell’esplosione e del gran finale seedorfiano, che il Milan si prese il derby della grande rimonta.

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Tanto Chiasso per nulla
Milan-Inter 2-1, 18 ottobre 1908

E arrivò quel giorno del 1908 in cui i 44 dissidenti (non si sa se in fila per sei col resto di due) misero 11 dei loro nuovi adepti di fronte alla matrigna casacca rossonera, rei di non averli assecondati nella loro battaglia per l’esterofilia. Visto che erano l’Internazionale, i “fratelli del mondo”, buono che la prima rappresentazione si sia svolta all’estero. Va beh, all’estero, per modo di dire, se a Chiasso sputi col vento a favore atterri in Italia. “Coppa Città di Chiasso”, finalissima, 25 minuti per tempo. I ribelli dovettero rinviare i propositi di rivoluzione immediata nelle gerarchie cittadine, perché la quasi decennale esperienza dei footballers in rossonero, anche se ancora vedovi del ritirato Daddy Kilpin, ebbe la meglio. Il primo gol fu firmato da Lana, absolute beginner anche due anni dopo con la neonata Nazionale italiana. Da lì, è andata come è andata. Anyway, il big bang della sfida infinita produsse un segnale ancora distinguibile, ancora diffuso nell’aere: in partita secca, con una Coppa in ballo e fuori dall’Italia, a Milano c’è una squadra che vince e una che perde.

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materazzi rui costa petardoSmoke on the Inter
Inter-Milan 0-3 (a tavolino), 12 aprile 2005

Un candelotto fumante e bruciante sulla testa di Nelson Dida e, dicono gli esperti, la Pantera inizió da lì l’involuzione in gatto di marmo. Ma questo si disse dopo, dopo quella serata di Champions League in cui il Milan si mangiò la torta, la tortona della seconda qualificazione europea in faccia ai concittadini e si godette pure, di ritorno, la ciliegina della figuraccia fatta dall’Inter – o meglio, dai suoi pretoriani ultrà – in mondovisione o giù di lì. Andata 2-0, Stam-Shevchenko e buonanotte ai suonatori. Quando al ritorno la butta ancora dentro il Diavolo (indovinate con chi? Sheva! Bravi! Ma non ci voleva molto), per la Nord si tratta solo di decidere quando cominciare la sceneggiata di fumogeni e bengala preordinata già prima della partita. L’occasione buona è un gol annullato a Cambiasso, sai com’è, mancavano 19 minuti e alla remuntada ne mancavano altri tre. Neanche il Dida fresco di post-petardo, il gattone di marmo, sarebbe riuscito a beccarli.

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Massaro vs. porta a vetri
Milan-Inter 1-0, 18 aprile 1992

C’erano una volta le arrampicate sulla grata del parterre, per quelli che in San Siro schiaffavano il gol importante e volevano celebrare con i parrocchiani. Poi dopo il (pessimo) maquillage mondiale del ’90 è sparito il parterre, è sparita la grata in cui tanti infilavano anche la faccia e a “Provvidenza” Massaro, fuori di testa per il gol – cross di Fuser, craniata sul primo palo – che al 90′ ammazzò un’Inter in tonalità minore (già felice di avere salvato la ghirba contro il Milan capolista e imbattuto), non rimase che correre verso l’unico possibile sfogo, dietro la bandierina dell’angolo. Tra lui e i milanisti in deliquio corsi giù dalla scaletta della tribuna, solo un portone a vetri: che sostenne molto bene il collaudo delle quattro supermanate tirate dal Provvidenza nel tentativo di rompere la barriera che lo separava dalla sua gente. Ah, il Provvidenza poi fece vincere all’ 89′ un derby-scudetto pure nel 1994. Ci aveva delle abitudini, ci aveva.

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Coming soon: VOLUME 2

  • Attila flagello degli “infami”
  • C’è Giovanni e Giovanni
  • Cassandra Milly
  • Ronaldo: fischietta che la palla passa
  • L’autocontrappasso del Pepp Meazza
  • Due legnate per una Stella
  • Mai vinto in B
  • “Per favore, non fateci più gol”
  • Capra, Capra, Capra!
  • Manchester, che coscia meravigliosa
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