Mai più senza di te: Romagnoli ha stregato il Milan. Quel paragone…

Che Dio benedica l’11 agosto 2015. In un’estate di ritrovate disponibilità economiche, il Milan piazza diversi importanti colpi di mercato, ma quello formalizzato quattro giorni prima di Ferragosto è destinato a rappresentare un momento chiave per la futura storia del Diavolo. A Linate, quel giorno, sbarca e inizia la propria avventura in rossonero Alessio Romagnoli, l’agognato difensore centrale voluto e chiesto con testarda insistenza da Sinisa Mihajlovic. Il tempo di firmare i contratti e di avere un primo contatto con i compagni che per Romagnoli è subito tempo di campo. Le prime convincenti uscite, al Trofeo Tim e in Coppa Italia, sono confermate in tutto il resto della stagione: il nuovo “13” milanista, nonostante l’età verde, le alte aspettative causate dal prezzo e una squadra tutta in divenire, diventa subito il perno della retroguardia. Da Ely e Zapata ad Alex, cambia il partner di difesa ma non il suo rendimento, sempre altissimo.

Trovare un centrale come Romagnoli, d’altronde, è impresa davvero ardua. In un panorama calcistico privo di grandi difensori, l’ex Samp si distingue come un prospetto dal futuro più che assicurato. La tecnica e l’eleganza sono sue le prime doti che balzano all’occhio, accompagnate da abbondanti dosi di senso della posizione, personalità da veterano, freddezza glaciale e concentrazione: tutte qualità che lo rendono un difensore di livello assoluto, tra i migliori d’Italia e d’Europa, nonostante una carta d’identità ancora decisamente “clemente”. Romagnoli riesce a condensare i princìpi del difensore moderno, in grado di impostare l’azione da regista basso e di trattare bene il pallone, ma anche dello stopper vecchio stile, sempre attento all’uomo e alla marcatura. Qualche pecca d’inesperienza si è vista, soprattutto nelle trasferte di Firenze e Genova, ma Alessio ha mostrato nel complesso delle qualità indiscutibili.

Il paragone con Nesta, dopo quattro mesi di Milan, non fa più storcere il naso. Perché non è solo il numero 13 a unire Romagnoli e l’indimenticato eroe dell’epopea ancelottiana. Le caratteristiche tecniche e la personalità, molto simili tra loro, li avvicinano incredibilmente: l’accostamento tra il monumento Nesta e il giovane Romagnoli non è una bestemmia. E se da romani e tifosi laziali condividono pure provenienza geografica e fede calcistica, anche nel temperamento sono molto simili: i due parlano preferiscono il campo alle chiacchiere. Se Nesta è più schivo e serio, Ale ha un carattere allegro e gioviale, in virtù anche delle età e delle situazioni diverse con cui sono approdati a Milanello: campione affermato di 26 anni e capitano della Lazio il primo, ventenne alla prima esperienza in una big il secondo. Insomma: la “13”, dopo qualche flop, ha finalmente trovato un degno erede.

E allora, tifosi milanisti, diciamo un doveroso grazie alla persona che ha voluto e insistito per avere a tutti i costi il talento di Anzio. Perché senza Sinisa Mihajlovic, inspiegabilmente criticato dalla proprietà e da parte della critica, Romagnoli non sarebbe un milanista. Se anche dovesse fallire nella sua avventura rossonera, il serbo dovrà essere ringraziato a vita per aver portato in rossonero colui che è (e sarà a lungo) il perno e il leader della squadra. E ad avergli affiancato, con straordinario coraggio e fiuto, altri due elementi della spina dorsale milanista dei prossimi 10-15 anni: Gigio Donnarumma tra i pali e Niang in attacco. Il nostro auspicio è lo stesso rivelato da Galliani il giorno dell’acquisto di Romagnoli, perché Ale possa “diventare una nostra bandiera, come nella tradizione dei grandi difensori di scuola rossonera“. Il physique du rôle ce l’ha, le stimmate del fuoriclasse sono ben visibili: ora tocca solo a lui.

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