Gazzetta, Bonaventura: “Il calcio è sacrificio. Il Milan nel mio destino”

Domenica, per la seconda volta, farà ritorno all’Atleti Azzurri d’Italia da ex. L’anno scorso, con la maglia del Milan, per uno strano gioco del destino realizzò una doppietta. Giacomo Bonaventura, ormai conosciuto più come Jack, in una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport, ha raccontato se stesso, la sua storia e i suoi progetti.

punizione bonaventura milan-crotone (spaziomilan)La sua carriera ebbe inizio in provincia, dove sudore e sacrifici sono il pane quotidiano delle persone ambiziose: “Fare il calciatore è qualcosa di straordinario, ma per arrivare dove sono ho fatto molti sacrifici. Io sono sempre stato attratto dalla fatica, sarò masochista ma mi piace lavorare duro. Sarei stato perfetto per la vita da cantiere. A Tolentino il mister non mi faceva giocare, allora mi sono rifugiato nella musica e nella chitarra. Al Pergocrema ebbi la pubalgia, non sapevo come curarmi, provavo sempre dolore in campo. Dissi al mio amico Saverio di voler smettere, per fortuna è andata meglio“. Poi il salto all’Atalanta, dove prende vita la carriera di Jack, tra sofferenza e voglia di migliorarsi: “Mi chiamano Jack fin dai tempi di Bergamo, ormai in molti non sanno nemmeno il mio vero nome. Mister Colantuono mi ha insegnato come si difende, la giocata ce l’hai mentre la capacità difensiva si deve allenare. A Bergamo mettevano la capacità di soffrire nelle tabelle con la stessa importante di quella aerobica. Francesco Rocca ci spiegava la sofferenza nel calcio svegliandoci alle 6 e facendoci mangiare pochissimo, Colantuono mi teneva fuori fino alle lacrime per capire come reagivo in campo. Rispetto ad allora il calcio oggi per me è molto più leggero“.

Infine la chiamata del Milan, segno del destino: “Le scelte che facciamo determinano il nostro destino. Io a 15 anni ho scelto di andare via di casa per giocare e sapevo di dover dare il massimo. Sono arrivato al Milan a 25 anni, troppo tardi forse, ma era destino andasse così. Quando mi dissero dell’ipotesi di giocare in rossonero mi misi a ridere, non ci credevo. In quella giornata di settembre ho pianto, è vero, ma più per lo stress che per altro. Marino voleva che restassi un altro anno all’Atalanta, ma chiamò Galliani e fu un’occasione da non perdere

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