L’addio dell’ultima bandiera. E la fine di un’epopea unica

1980-2016. È finita, dopo ben trentasei anni, la storia rossonera di Mauro Tassotti. Calciatore e bandiera, poi tecnico nelle giovanili, vice allenatore (e una panchina anche da mister) e infine osservatore: il Tasso, nei suoi trascorsi milanisti, ha fatto (quasi) tutto. Sempre con il massimo dell’impegno e della professionalità, e una dedizione unica ai colori rossoneri. Ieri, dopo una vita passata insieme, il commiato della società per uno dei suoi più illustri rappresentanti degli ultimi 40 anni di storia. E un velo di tristezza per un addio paventato lo scorso anno e rimandato a questa estate: Mauro lascia la sua seconda casa, capace di accoglierlo da giovanissimo nell’estate del 1980 e di renderlo uomo e calciatore. Ad attenderlo, ora, c’è l’Ucraina di un altro illustre ex rossonero, Andriy Shevchenko, che lo ha scelto come suo “secondo” nell’avventura da c.t. della Nazionale.

Sul Mauro Tassotti calciatore ci sarebbe molto da scrivere. Arrivato ventenne, diamante grezzo da affinare, è diventato uno dei terzini migliori al mondo, passando anche attraverso il filo spinato della Serie B e di un Milan mediocre. Prima che l’avvento di Silvio Berlusconi stravolgesse ogni cosa e lo portasse a vincere, rivincere e stravincere tutto in Italia, in Europa e nel mondo. Poi il ritiro, i successi al Viareggio da tecnico della Primavera e la panchina dei “grandi” da vice. È qui che il Tasso trova la sua dimensione, in particolare negli otto anni di Carlo Ancelotti: la sua firma è presente indelebile anche su quella squadra capace di tornare ai vertici nazionali e internazionali. Quindi, la permanenza anche con i vari Leonardo, Allegri, Seedorf e Inzaghi: passano gli allenatori, alcuni “inventati” quasi da zero, ma Tassotti resta. Tante vittorie epiche (indimenticabile la Champions del ’94, alzata nel cielo di Atene da capitano), qualche fisiologico tonfo, ma soprattutto un legame unico e indissolubile con la società Milan, con il presidente Berlusconi e con tutti i protagonisti della meravigliosa epopea del Cavaliere.

inzaghi tassotti milan-genoa (spaziomilan)

Anche negli ultimi anni, in cui il Diavolo ha avuto un devastante crollo tecnico e caratteriale, il Tasso ha rappresentato il baluardo a cui aggrapparsi. Fedele e leale vice di Allegri, anche nei periodi più bui della sua gestione tecnica (nel luglio 2014 è stato vicino a seguirlo alla Juventus, ndr), Tassotti ha rappresentato con i fatti e con il suo esempio lo stile Milan, improntato all’educazione, al rispetto e alla professionalità, trasmesso di anno in anno ai “nuovi”. Nemmeno le scortesie e le asprezze di Seedorf – è divenuta “mito” una telefonata notturna fatta dall’olandese, in cui notifica al vice una sua e-mail in cui lo invita a non alzarsi più in piedi durante le partite – hanno reciso il legame con il Milan: troppo forte il richiamo dei colori rossoneri e in particolare di Inzaghi, desideroso di giovarsi del sapere dell’esperienza dell’ex Djalma Santos romano. Con Mihajlovic, dodici mesi fa, il passaggio al ruolo di osservatore dei calciatori milanisti in prestito: la sua ultima mansione prima dell’addio.

I 36 anni di Tassotti sono un record di fedeltà assoluto: nessuno, al Milan, aveva mai infilato prima un “filotto” così lungo. È per questo che ieri, martedì 12 luglio 2016, è finito un qualcosa di davvero epico, iniziato con le difficoltà sportive ed economiche della Serie B e di Giussy Farina, proseguito con l’irripetibile epopea berlusconiana e – probabilmente – chiusa proprio con l’uscita di scena di Silvio. La cessione dell’80% del club ai cinesi è entrata nella sua fase più rovente e a breve, salvo clamorosi colpi di teatro, ci sarà il passaggio di consegne. Berlusconi sarà ancora presidente ma fortemente ridimensionato, mentre Galliani sarà (probabilmente) al suo ultimo mercato da protagonista. E nel frattempo, l’addio dell’eterno Mauro Tassotti. Il Milan ammaina la sua ultima bandiera, e cala il sipario su un’era.

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