La cessione è una farsa: siamo nell’età della pietra

A tutto c’è un limite. E questa farsa della cessione del Milan ai cinesi già fatta, definita, sicura il limite l’ha abbondantemente superato. Non mi stupisco di Fininvest che dirama comunicati e irrora le fonti di comunicazione (giustamente) a proprio uso e consumo. Mi stupisco degli organi di informazione che ancora si prestano al valzer della “settimana decisiva” del preliminare. Devo dire che pian piano, nella seconda farsesca estate della cessione orientale, lo spirito critico si è fatto strada tra le testate e i colleghi. Chi, come noi, era scettico fin dal primo incontro con Mr Bee e, analogamente, fin dalla prima intervista di Galatioto, si è dovuto prendere del berlusconiano reazionario. Adesso, pian piano, tutti hanno capito che l’impalcatura dell’imminente cessione è stata creata ad uso e consumo di Fininvest e quindi di Berlusconi. Non a scapito. E’ normale che gli ultimi ad arrendersi debbano essere gli organi di “casa” come Mediaset, il Giornale o Milan TV. A proposito quanto ci manca il caro vecchio Milan Channel, un altro pezzo dell’età dell’oro che se n’è andato…

Dobbiamo renderci conto che siamo nell’età della pietra e ci restiamo. Non verrà nessun pazzo cinese a ricoprirci d’oro. Piuttosto aspetteranno di rilevarci sull’orlo del fallimento. Come hanno fatto tutti gli investitori stranieri per i club che hanno acquistato in Europa. Dal PSG al City, prim’ancora il Chelsea e buon ultimo l’Aston Villa. Qualcuno dice anche l’Inter. Piccola parentesi, diffidate di quelli che scrivono: “La società cinese X o l’imprenditore X o il consorzio Z metteranno 400, 500, 600 milioni nelle casse del Milan per fare mercato”. Per due motivi: primo, tutti i soggetti “reali” finora accostati all’acquisto del Milan hanno garbatamente o sgarbatamente smentito l’interesse. Secondo, ma dettaglio molto importante: se qualcuno davvero decidesse di sborsare una cifra così cospicua per acquistare il Milan, quei soldi finirebbero dritti dritti nelle casse della controllante del Milan, quindi di Fininvest, non certo in quelle di via Aldo Rossi. La differenza non è da poco, perché dopo il famigerato “closing” le casse di Fininvest e del Milan non sarebbero più “in comune”. E quindi, a meno di un ancora più fantomatico aumento di capitale con gli occhi a mandorla, le casse del Milan resterebbero vuote. Anzi sempre più vuote. E a quel punto slegate da “mamma Fininvest”. Un rischio atroce. Che comunque non si correrà vista la totale inconsistenza anche di questa famosa “cordata”.

Ci spiace dilungarci su queste questioni, ma tanto di mercato è inutile parlare visto che quest’anno Fininvest tiene la cassaforte ben chiusa e di giocatori non ne arrivano. Galliani è super bloccato. Per Pjaca ha provato anche a forzare la mano andando a trovare il presidente a Villa San Martino durante la sua convalescenza. Ma non c’è stato verso. Per comprare bisogna vendere. I giocatori l’hanno capito e vogliono partire alle loro condizioni. Da Bacca a Menez, passando per Diego Lopez e altri ancora. Questo blocca ulteriormente il nostro mercato. La sensazione è che arriveremo ad agosto inoltrato ad accontentarci dei parametri zero (tipo Arbeloa) o delle terze/quarte scelte. Speriamo che Montella riesca a limitare i danni. A partire dalla tournée che sta cominciando.

A proposito di tournée e chiudo. Tra tutte le barzellette sotto l’ombrellone la più divertente è la mancanza delle divise sociali per l’assenza di uno sponsor di abbigliamento dopo la scadenza del contratto con Dolce&Gabbana. Vi prego, ma davvero vi prego, non ci raccontate che i ritardi dell’ufficio marketing sono dovuti alla mancata cessione ai cinesi. Anche in Paolo Sarpi si trovano 25 abiti D&G contraffatti per salvare almeno l’apparenza. Ecco del vero Milan ormai, abbiamo perso anche quella.

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