SM RELIVE/ Rivera a Milan Tv: “Il Milan deve tornare grande. I giovani? Se il buongiorno si vede dal mattino… Vi racconto il mio Pallone d’Oro”

Ospite negli studi di Milan Tv, il leggendario Gianni Rivera risponderà a domande riguardanti l’universo rossonero a 360°.

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Pensiero conclusivo sul Milan: “Dobbiamo tornare ad essere grandi. Se vi dicessi che so qualcosa a livello societario mentirei, perchè si conosce poco. Speriamo che tutto si risolva e vediamo chi sarà a dire l’ultima parola“.

Analogie calcio del passato con quello attuale: “Si gioca in 11 e il pallone è da conquistare, basta. Il resto non lo considero. Le tattiche e le formazioni non le considero, sono numeri buttati lì. In questo Rocco fu da sempre un maestro“.

Come avrebbe reagito Rivera, da giocatore, ad un episodio ‘alla Muntari’: “Sicuramente mi avrebbero dato una squalifica più pesante di quella che già presi ai miei tempi (ride, ndr)”.

Ti piacerebbe essere capitano oggi?Se potessi, giocherei ancora sicuramente. Nessuno vuole mai interrompere la propria passione. Giocavamo per due soldi, rispetto ad oggi non c’è paragone. Ma giocavamo per passione prima e poi per dividerci il premio partita. Capitano di questi ragazzi? Giocai con Baresi appena maggiorenne quindi sì, e so come costruire un gruppo dai più giovani. Tutto parte dallo spogliatoio con ottimi rapporti reciproci e voglia di sacrificio per i compagni“.

I motivi di fine carriera: “Avevo 35 anni e l’infortunio di quell’anno mi pesò molto. Non sapevo neanche come avevo fatto a farmi male al polpaccio. Quando Liedholm decise di andare alla Roma, chiamammo Giacomini e capii che gli avrei potuto creare qualche problema perchè era giovane. Mi fece capire che era preoccupato per il peso della mia personalità. Pensai all’interesse del Milan e non volevo ci fosse alcuno scontro. Così appesi le scarpe al chiodo“.

Figura degna di essere indicata come capitano: “Nel calcio a livello globale, dico Totti. Ha fatto davvero dei sacrifici pur di rimanere alla Roma. Avrebbe potuto vincere Champions e Pallone d’Oro altrove. Ma lui non ha rimpianti perchè ha deciso di legarsi lì, ora è talmente affezionato a tutto che gli costa fatica allontanarsi dalla sua vita. Purtroppo è un’epoca che non propone queste cose. Nel Milan, dopo la mia fascia, ho apprezzato Baresi e Maldini“.

Aneddoto su Rocco: “Dovevamo giocare contro l’Ajax a Madrid, e il Real ci concesse il loro ritiro. Eravamo favoriti ma dovevamo fare ancora tutto. C’era un silenzio di tomba, neanche la solita radio accesa. Arriviamo allo stadio, il pullman entra allo stadio e anche lì silenzio tremendo. Rocco si alza e dice ‘ragazzi andiamo, chi ha paura resti qui’, e fu lui il primo a lasciarsi cadere sul sedile. Iniziammo tutti a ridere e l’atmosfera divenne subito più tranquilla“.

Il significato del Milan per Gianni Rivera: “La mia vita è questa, rossonera. Se non ci fosse stata l’Alessandria, probabilmente non ci sarebbe stato il resto. Ma ciò che conta sono i colori, il rosso e il nero. Ancora oggi soffro per le nostre partite, anche se mi piacerebbe non farlo più (ride, ndr)”. 

Sulla vittoria del Pallone d’Oro: “Inizio col dire che era piccolino, non come oggi. A fine anno, France Football scriveva un articolo per indicare il vincitore. Era sì una cosa importante ma non un dramma come quello attuale. Me lo disse un mio amico, io non lo sapevo, e poi arrivò alla prima occasione unica. Oggi ci sono troppi sponsor di mezzo, allora invece la pubblicità era proibita. Adesso, quando danno il Pallone d’Oro, dal giorno dopo iniziano a pensare a chi farlo vincere”.

Aneddoto sulla finale contro Eusebio: “Quella finale fu particolare. A quei tempi, le squadre italiane giocavano sempre uguale, anche adesso a dir la verità ma fa niente… Giocavamo a uomo e c’era un problema con la loro punta: era davvero un gran saltatore, ma non sapevamo come contrastarlo. Rocco scelse Trapattoni che aveva un grande stacco e mettemmo altri su Eusebio. Dopo 10 minuti segnò, pochi attimo dopo fece un’altra grande azione. Non sapevamo come prenderlo e non riuscivamo a parlare con il mister, così decidemmo di cambiare noi. Benitez tornò dietro e il Trapp si spostò su Eusebio. Fu intuizione di Maldini. Successe ancora nella finale contro l’Ajax“.

L’esordio a 14 anni e mezzo: “Contro l’AIK di Stoccolma, la ricordo perfettamente. Ero uscito da scuola e stavo andando al campo dell’Alessandria. Mi chiamò il mister e disse: ‘Oggi vieni con noi e giochi con noi’. Ricordo che non feci nulla di particolare perchè non ero uno che si emozionava facilmente… segnai anche un gol”. 

Il paragone di quel Milan giovane e quello attuale: “Se il buongiorno si vede dal mattino, diciamo che si può lavorare. Ma solo i giovani non bastano, ci vogliono degli anziani per il gruppo. Se i ragazzi sono questi, è bene puntare su di loro. Tanti grandi Milan sono nati così, ma noi rossoneri abbiamo sempre avuto un grande settore giovanile. Purtroppo per qualche anno ci si è dimenticati della primavera e così via, anche perché le mamme italiane faranno sempre bambini bravi a calcio (ride, ndr). Poi bisogna saperli crescere ed accompagnare allo stesso modo”. 

Il primo gol in carriera sui bianconeri: “Sì, lo ricordo. Vincemmo 4-3 ma loro conquistarono comunque il campionato perchè noi finimmo in calando, perdendo poi in casa con il Bari già salvo“.

Sulle storiche polemiche arbitrali con la Juventus: “Quando ritenevo che fossimo arrivati al culmine della sopportazione per certe cose, visto che la società faceva poco, intervenivo io perchè sentivo l’atmosfera dello spogliatoio. Ma non solo dei compagni, anche dello staff e dei tifosi. Internamente tutti eravamo convinti che qualcosa non funzionasse, così decisi di farlo io. Presi una squalifica di due mesi, ma fu utile perchè vincemmo comunque il campionato“.

Sul gol di Locatelli: “Ci vuole coraggio per fare un gol così. È stato un po’ aiutato dai difensori della Juventus che stranamente non commettono errori. Lo hanno guardato e avranno pensato ‘questo è uno che viene da lontano’, lasciamolo perdere (ride, ndr). È venuto sì da lontano ma ha calciato ben da vicino, fino in porta“.

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