Piacere, Ignazio Abate: leader e senatore del Milan dei giovani

Non prendetemi per pazzo, se me lo avessero detto soltanto qualche mese fa non ci avrei creduto. Sì perchè mai avrei pensato che il Milan costruito low cost, puntando tutto su di un progetto dalla difficile realizzazione, potesse sconfiggere i pentacampioni d’Italia, cannibali di trofei, in una gara secca di tale importanza. Eppure è successo. Il calcio è quel maledetto sport imbizzarrito, così affascinante da rapirti una volta (spesso in tenera età) e non lasciarti più. Un cavallo libero di scorrazzare dove preferisce, senza un padrone e senza meta, in continuo movimento e mutamento. Non è una scienza esatta, non esiste una formula vincente e, puntualmente, si diverte a ribaltare e soverchiare pronostici mal visti dal dio del pallone. E non si tratta di un miracolo natalizio, il ventinovesimo trofeo dell’era Berlusconi è frutto di lavoro, sacrificio e forza del gruppo. Un collettivo sapientemente guidato da uno scugnizzo di nome Vincenzo e fondato su uomini attaccati alla maglia, innamorati delle sfumature capaci di assumere due colori come il rosso ed il nero quando accostati. Atleti come Ignazio Abate.

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In una rivisitazione dell’opera di Kafka, il terzino ha saputo lasciare il precedente involucro di incompiuto, tramutandosi in un leader. Anche qui, come per il punto precedente sulla vittoria finale, vale lo stesso discorso: contro ogni previsione, l’esterno campano si è evoluto, raggiungendo la sua dimensione all’interno dell’universo rossonero. Settimana dopo settimana, prestazione dopo prestazione, il figlio di Beniamino ha preso i compagni per mano, venendo eletto senatore dello spogliatoio prima e capitano per necessità (infortunio di Montolivo) poi. E a chi pensava che la fascia potesse affossarlo, Ignazio ha replicato con partite mai banali, sempre sul pezzo, dimostrando un carisma unico in rosa ed un amore verso il Diavolo di antica memoria.

A livello tecnico Abate non ha mai entusiasmato e mai lo farà, ma sul piano emotivo e psicologico è semplicemente ineccepibile. Almeno per quanto concerne la stagione in corso di svolgimento. Sente con tutto se stesso quel tessuto avvolto al braccio, così impregnato di gloria e di storia, ed è pronto a gettare sul rettangolo verde fino all’ultima goccia di sudore, lacrime e sangue, se necessario. Caratteristica da non sottovalutare, mai. Le prove degli ultimi mesi sono tutte di alto livello, quella contro la Juventus non poteva essere da meno: reattivo, vigile, guizzante alla bisogna, offensivo quando chiamato in causa e difensivo negli attimi di difficoltà. Un leone fino a quando hanno retti i muscoli, pronto poi a liberare il ruggito al miracolo di Donnarumma e alla freddezza glaciale del ragazzo croato dagli occhi cerulei. E dopo l’euforia, a tratti incontenibile con questo manipolo di teenager o poco più, ecco riemergere il carattere, il carisma, la leadership. Quando c’è da alzare la coppa, quando c’è da mettersi in bella mostra davanti al mondo intero che ti osserva, Abate fa un passo indietro, porge la fascia da capitano a Riccardo Montolivo ed, insieme, alzano verso le stelle di Doha la Supercoppa italiana. Piccoli gesti che fanno la differenza. Dettagli che cambiano il volto ed il funzionamento negli automatismi di un gruppo solido. Piacere, Ignazio Abate: leader e senatore di un Milan giovane, italiano e (da ieri si può affermare) vincente.

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