74 punti? Realisticamente impossibile

Tre mesi dopo la finale del 2003 Ancelotti disse: “Molti nostri giocatori sono fortissimi ma prima di Manchester non avevano mai vinto. La conquista della Champions ha dato loro la consapevolezza di non essere solo forti, ma anche vincenti“. Come spesso accade Carletto aveva ragione e quel gruppo di Manchester aprì un grande ciclo che arrivò fino al Mondiale 2007. Ora, facciamo le debite proporzioni. A Doha di giocatori “fortissimi” o di potenziali campioni ce n’erano ben pochi, forse solo uno, Donnarumma. Però la “consapevolezza” di poter vincere potrebbe aver suscitato in tutti un effetto positivo. Dovrà essere bravo Montella a far sì che questa “consapevolezza” non si tramuti in “presunzione”, che spesso è molto deleteria, quasi devastante, quando non si hanno le qualità del vero campione. In questo senso le prime sensazioni potremo captarle già domenica contro il Cagliari. Avversario più morbido in casa non poteva capitarci per chiudere bene un girone di andata dove abbiamo fatto molto molto molto più di quello che era lecito aspettarsi da questo organico.

Facciamo una proiezione realistica e pensiamo di mettere insieme tra Cagliari e Bologna quattro punti. Gireremmo con 37 punti e significherebbe che mantenendo la stessa media al ritorno ne totalizzeremmo in tutto 74. Bene togliamocelo dalla testa. Realisticamente questa squadra non può fare 74 punti, soprattutto considerando che tradizionalmente nel girone di ritorno vengono fuori i veri valori. Dobbiamo guardare in faccia alla realtà e vedere che oltre alla Juve, Napoli, Roma e Inter hanno un organico superiore al nostro. E a gennaio lo rinforzano a colpi di milioni, mentre noi nascondiamo la nostra disponibilità pari a zero euro dietro alle solite “ombre cinesi”. Non solo, la Lazio ha una squadra che tecnicamente non è certo più scarsa di noi, mentre Fiorentina e Torino hanno due bomber che noi ci sogniamo. Per questo motivo gli attuali 33 punti valgono tantissimo, così come vale tantissimo la strameritata vittoria in Supercoppa contro una squadra che è di due categorie superiore a noi. Di questo va dato ovviamente merito a Montella, capace di fare un vero e proprio miracolo sportivo. Ma con questo non lo si potrà crocifiggere se non dovesse ripeterlo nel girone di ritorno.

In questa “andata” è stata fondamentale la coesione della squadra e della società, impermeabile anche alle amenità provenienti dall’Estremo Oriente (oppure dai Caraibi, viste le ultime indiscrezioni). Proprio questa coesione sembra in qualche modo essere minacciata dall’imminente ritorno di Barbara. In questo senso il comunicato post Supercoppa della dottoressa nasconde qualche nube all’orizzonte di questa soleggiata stagione. Dopo mesi di assenza, fisica, ma anche mediatica, Barbara è tornata a parlare per partecipare al successo sulla Juventus. Nei ringraziamenti ha citato tutti tranne Galliani e si è definita “l’amministratore delegato del Milan” dimenticando che, in teoria, ce ne sarebbe un altro. Leggermente più operativo di lei. Con questo discorso non voglio affatto dire che lei è la strega brutta e cattiva, mentre Galliani la povera vittima vessata. Non voglio nemmeno rientrare nel merito di tensioni e discussioni del passato. Dico solo che, purtroppo, non ci sono le premesse per una sana e proficua coabitazione collaborativa. E che questa spaccatura interna è stata la genesi dei mali del Milan nell’ultimo quadriennio. Sbaglierò, ma mi sa tanto che dopo sei mesi di “tregua”, si rischia di tornare alla tanto dannosa contrapposizione. La domanda è: riuscirà Montella nell’impresa di tenerne fuori la squadra?

In questo primo editoriale dell’anno evito di tediarvi con i miei ormai triti e ritriti dubbi sui “cinesoni” caraibici. Constato solo che il fronte del “dubbio” è sempre più numeroso e i tentativi di “endorsement” sempre meno efficaci. Sono curioso di vedere cosa si inventeranno da oggi fino al 3 marzo per avvalorare una cessione di cui, finora, non vediamo nemmeno l’ombra. Tantomeno cinese.

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