Quel macigno in più sulle teste di Bonucci e Allegri

La mia fede bianconera non è mai stata un “segreto di Pulcinella”. Di conseguenza, mi trovo per la prima volta un po’ in difficoltà a scrivere per SpazioMilan di uno dei simboli della storia recente (e vincente) della Juventus. Il nome di Leonardo Bonucci rimarrà per sempre scolpito nella testa e nel cuore degli juventini veri. Resta, però, l’amaro in bocca per qualcosa di “non detto” che ha aperto la strada alla fantasia di tanti (troppi) tifosi (o presunti tali). Spesso – ed è il male peggiore – di quelli col “megafono”. Vale a dire, la peggior specie.

E’ assolutamente innegabile che il rapporto tra Bonucci e Massimiliano Allegri si fosse deteriorato in maniera irrimediabile la sera di venerdì 17 febbraio 2017, in occasione di Juventus-Palermo. La sbroccata del tecnico bianconero davanti alle telecamere, la rincorsa del giocatore nel tunnel dello Stadium, l’esclusione nel match successivo ad Oporto parlano fin troppo chiaro. Così com’è chiarissimo che due professionisti seri all’interno di una società seria, con un campionato da vincere e una Champions da inseguire fino a Cardiff, avevano il dovere di mettere da parte le ruggini personali per il “bene comune”. E così è stato. Ma che uno dei due fosse di troppo era già stato decretato in quella notte di febbraio. Con buona pace di chi aveva parlato di “caso chiuso”.

Poi nell’intervallo della finale tra Juventus e Real Madrid, nella pancia del Millennium Stadium di Cardiff è successo qualcosa. Anzi, è accaduto fin troppo. E qui difendo, in linea generale, la categoria dei giornalisti di cui faccio ancora a parte. Ma davvero vogliamo pensare che quotidiani “di casa” come La Stampa o giornali tendenzialmente “vicini” a Max Allegri come La Repubblica si siano inventati le liti avvenute in Galles? Gli spifferi ci sono stati, ci sono e ci saranno sempre in tutti gli spogliatoi del mondo. Anche nel glorioso Real Madrid. Pure nel bunker del Bayern Monaco. E così anche nella pluriscudettata Juventus. A nulla valgono i tweet di questi giorni, degni della favola di Bambi, tra goffe smentite che lasciano il tempo che trovano.

A Cardiff la Juventus ha ratificato la decisione di proseguire con Max Allegri e sacrificare, guadagnandoci quattrini, Leonardo Bonucci. Il resto sono chiacchiere. Così come lo sono i titoli e le analisi di qualche giornale che ha bacchettato la società bianconera per aver ceduto un gioiello a basso costo rispetto al suo valore e, per di più, al Milan. Sono d’accordo sul fatto che dalla cessione di Bonucci si potesse ricavare qualcosa di più di 42 milioni, visto che il Manchester City l’anno scorso ne offrì 60 e Pep Guardiola resta un innamorato del difensore viterbese. Se la Juve avesse aspettato agosto, facendo circolare l’idea di vendere Bonucci, non avrebbe trovato miglior offerente? Chi sostiene la tesi della svendita ignora l’improcrastinabile incompatibilità che si era creata nell’ambiente bianconero capitanato dal tenente colonnello Allegri, fresco di rinnovo. Probabilmente i tempi sono stati mal calibrati di appena un giorno. Quello che Bonucci ha fatto tra test atletici e corsette giovedì scorso a Vinovo, prima di prendere la A4 verso Milano. La Juve, probabilmente, glielo avrebbe risparmiato.

L’amaro in bocca resta per la morale che questa storia porta con se. A vincere (per ora) sono stati solo ed esclusivamente i due protagonisti della vicenda: Allegri, che si è reso leader indiscusso della Juventus, Bonucci, che ha trovato ingaggio, affetto e fascia di capitano a 125 chilometri da Torino. Ma proprio sulle loro spalle, ora, peserà un macigno in più, con zero alibi. Questione di responsabilità, si dice in questi casi. 

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