Un pezzo di storia rossonera potrebbe lasciare il calcio giocato: Ricky, sei leggenda

Indimenticabile. Con questa semplice parole si potrebbe riassumere il valore e l’importanza di Kakà per il Milan e soprattutto per i suoi tifosi. Un amore incontrastato, fatto di gioie, dolori, paure, delusioni e rimpianti, un amore che ha segnato la storia recente del Milan, un’amore che ha reso grandi entrambi, in Italia, in Europa e nel Mondo. Il tempo, nemico dell’uomo e degli innamorati, purtroppo pone la fine ad alcune cose, proprio quelle cose che vorresti che non finissero mai. Kakà, arrivato all’età di trentacinque anni, ha deciso di appendere le scarpe al chiodo, finendo la sua carriera all’Orlando City in MLS. Stanotte ”Smoking Bianco”, al termine della sua ultima partita si è lasciato andare ad un pianto liberatorio, consapevole di aver svolto un lavoro impeccabile nel corso della sua carriera, lasciando un segno indelebile nel cuore di tutti, soprattutto in quello dei milanisti.

Arrivato a Milano dal San Paolo nel 2003, Kakà si è fin da subito contraddistinto rispetto agli altri, sia in campo che fuori. Capelli pettinatissimi, vestito elegante, occhialini, nessuna parola di troppo, sembrava pronto a laurearsi al suo arrivo, invece di lì a poco avrebbe incantato il mondo intero. Carlo Ancelotti, suo unico allenatore della militanza rossonera, capì fin dal primo allenamento che quel ragazzo di strada ne avrebbe fatta tanta, e ovviamente i signori del calcio non sbagliano mai. Kakà possedeva un’altra metodologia di gioco, aveva quel passo che in pochi fino a quel momento, e anche in seguito, possedevano. Ricky era fuori dal normale, un angelo mandato sulla terra da Dio, il migliore amico che ringraziava dopo aver segnato o vinto qualcosa. Dio è stato il punto fermo della carriera di Kakà, lo strumento che muoveva i suoi piedi ed innescava il genio nella sua testa. Indimenticabile infatti la classica maglia bianca indossata dal brasiliano che recitava: ”I BELONG TO JESUS”

Tanti i trionfi registrati con il Milan, soprattutto il più importante della sua carriera, il pallone d’oro conquistato nel 2007, dopo una stagione lunghissima culminata dalla vittoria della Champions League, in cui Kakà ha fatto chiaramente il protagonista, portando a casa anche il titolo di capocannoniere con 10 reti. Tanta soddisfazione e gioia ma anche tanto dolore, quel dolore che assalì i tifosi milanisti quando il City iniziò a stuzzicare la dirigenza rossonera, cercando in tutti i modi di portare l’alieno fuori da Milano. Tentativo vano, il cuore, almeno in quel caso prevalse, e Kakà da innamorato vero scelse di restare, deludendo tuttavia il suo grande amore poco tempo dopo, passando al Real Madrid nell’estate del 2009.

La scelta di cambiare maglia però non ha cambiato nulla, anzi, il rapporto con il Milan è anche migliorato, a testimonianza del fatto che entrambi provavano e provano ancora un sentimento troppo forte da cancellare. Le prodezze impresse nella mente dei tifosi sono innumerevoli, come il gol di Manchester nella semifinale d’andata della Champions 2006-2007 o il passaggio chiave fornito a Pippo Inzaghi nella magica notte di Atene. Si potrebbero raccontare storie su storie riguardo Kakà, ma la nostalgia ed il pianto logorerebbe ognuno di noi. Un pezzo di storia vivente ha smesso di correre con quel pallone, un pezzo di Milan lascia per sempre quel prato verde da giocatore, consapevole del fatto di andare via da vera leggenda, una leggenda che mai nessuno dimenticherà.

Grazie di tutto Ricky, ti amiamo.

Impostazioni privacy