CorSport: pochi gol e poco gioco, ecco i motivi della rottura di un rapporto mai decollato

Il sodalizio tra Vincenzo Montella e il Milan si è interrotto improvvisamente: il tecnico campano è stato infatti sollevato dal suo ruolo di allenatore rossonero. Come scrive il Corriere dello Sport, Montella sentiva la necessità di avere più tempo per lavorare, anche perchè non tutte le scelte di mercato sono frutto di sinergia tra lui e la dirigenza. D’altro canto, le aspettative della società erano molto più alte sia sotto il profilo dei risultati, sia dal punto di vista del gioco espresso dalla squadra.

All’atto dell’insediamento della nuova proprietà, avvenuto nella scorsa primavera, Montella era già seduto sulla panchina del Milan; il duo Fassone e Mirabelli decise di proseguire con l’Aeroplanino, rinnovandogli di un anno il contratto che scadeva a giugno 2018 per dimostrare armonia, compattezza e serenità. Quando l’entusiasmo creato dal mercato estivo e dai primi risultati è scemato, sono venuti a galla anche i primi problemi. Montella, nonostante il rinnovo, non si è mai sentito capito fino in fondo, o persino voluto: Kalinic e Bonucci sono stati espressamente richiesti da lui, altri calciatori invece no. Le voci che arrivavano dall’esterno sulla società lo hanno infastidito, così come la scarsa protezione dopo i KO contro Lazio e Sampdoria. Il clou è arrivato dopo aver sentito dei sondaggi fatti dalla dirigenza con altri allenatori (Mancini, Paulo Sousa, Gattuso): tutto questo è culminato nell’isolamento del tecnico, in un  modo più deciso di effettuare una scelta e, quindi, nella frattura tra società e tecnico.

Secondo i vertici di via Aldo Rossi, Montella è stato messo nelle condizioni ideali per fare bene (rinnovo di contratto e mercato faraonico), tuttavia la mano del tecnico sul gioco di squadra non si è vista. L’allontanamento del preparatore atletico è stato un’avvertimento: lo scarso lavoro effettuato in settimana è stato giudicato insufficiente. Ma il vero nodo da sciogliere è stato tattico: pochi movimenti offensivi provati in settimana e mai messi in pratica durante le partite; troppi cambi di modulo e troppi interpreti diversi. La società quindi rischiava di vedere svalutati gli oltre 100 milioni di euro di investimenti fatti in attacco.

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