Dieci anni senza il Barone

Tranquillo papà, un anno o due al massimo e poi torno». Si narra che avesse detto questo, prima di lasciare la Svezia e migrare verso l’Italia. Sarebbe dovuta essere una relazione breve e passionale e invece si trasformò in un matrimonio felice e duraturo. La storia di Nils Liedholm, di cui ricorrono oggi i dieci anni dalla sua scomparsa, con il Milan inizia nel 1949, anno di grazia dove abbondava la materia prima in arrivo dalla Svezia. Era già sbarcato Nordhal, un po’ fortunosamente dato che fu un “regalo” della Juventus, e insieme a Nils approdò anche Gunnar Gren. Per ognuno sarebbe stato coniato un soprannome: “il pompierone” per Nordhal, “il professore” per Gren e “il Barone” per il caro Nils. Il trio fece la fortuna degli anni Cinquanta rossoneri e anticipò la dinastia olandesi (Gullit, Rijkaard e Van Basten) e i Reali brasiliani, ben più numerosi (Cafu, Kakà, Serginho, Dida, Ronaldinho…).

Nel 1951 il Milan vince lo scudetto dopo 44 anni di astinenza, replicando nel 1955. Liedholm troneggia, non si fa mai ammonire e al primo passaggio sbagliato dopo un tempo indecifrabile, viene addirittura applaudito. Era elegante, maestoso, sopra le righe, un maestro di calcio che si intuiva avesse fatto le fortune di molte squadre anche dalla panchina.

Quando i suoi due compari spezzano il sodalizio lasciando il Milan nel 1956, lui affronta da Capitano il Real di Gento, Kopa e Di Stefano nel 1958, nella prima storica finale di Coppa dei campioni disputata dal Milan, perde do 3-2 a Bruxelles e si prende altri due titoli nazionali nel 1957 e nel 1959. Smette a trentanove anni, oggi non farebbe quasi notizia ma all’epoca era un lusso che Nils si poté permettere. E prende a insegnare calcio. Nella sua vita entra anche Roma e la Roma: la allena metà degli anni Settanta e poi la riprende nel 1979, dopo aver portato il Milan all’agognato decimo scudetto, che era sfuggito al compianto Nereo Rocco.

Il quarto anno coi giallorossi è quello giusto: arriva il tricolore di Conti e Pruzzo e poi la drammatica serata casalinga contro il Liverpool dove non gli riesce nemmeno stavolta di alzare la Coppa dei Campioni.

Nell’estate del 1984 torna così a Milanello per ricostruire il Milan che porta ancora le cicatrici della doppia serie B, e ha in mano il telaio sacchiano: Baresi, Tassotti, Galli, Evani e un ragazzino di sedici anni, figlio d’arte. Una domenica pomeriggio a Udine, metà gennaio, anno 1985, gli dice “Paolo, togliti la tuta, entri”. Maldini non lascerà più il Milan fino al 2009. Nella stagione 1986-87 irrompe il Cavaliere: arrivano anche Donadoni, Massaro e Giovanni Galli. A poche partite dal termine della stagione Liedholm viene esonerato. Con la sua pungente e straordinaria ironia e il suo celebre “self-control” che ispirò Lino Banfi e il suo Oronzo Canà ne “L’allenatore nel pallone”, Nils liquida così la questione: «Berlusconi capisce di calcio, ha allenato l’Edilnord». Altri due anni alla Roma, poi le presenze in panchina si diradano. Amante e grande conoscitore di vino, lo imbottiglia nella sua tenuta di Cuccaro Monferrato dove si ritira a fine carriera.

Dal 2011 viene assegnato il “Premio Nils Liedholm”, a chi si è distinto nel calcio per correttezza, sportività e lealtà. Il figlio Carlo recentemente ha dichiarato «Stiamo pensando di allargarlo a personaggi fuori dal calcio, non troviamo più al suo interno i valori che lo contraddiatinguono». Come dargli torto. Non era più questo il tuo calcio è proprio per questo ci manchi tantissimo. Prosit, Nils.

 

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