Ascensore per l’inferno

Il Milan e Dante non c’entrano niente. Ma fra i miracoli del nostro Diavolo c’è anche questo: avere qualcosa a che fare col vecchio poeta fiorentino. La stagione del Milan ricorda terribilmente la discesa agli inferi dell’Alighieri. E il tifoso rossonero è quel Dante che scendendo cerchi e bolge infernali, osserva da vicino i dannati, costretti alle torture più orrende. Pure il fine delle due opere è pressoché identico. Dante, del resto, attraversa Inferno, Purgatorio e Paradiso in nome di quella Salvezza storicamente intesa come perseguimento della grazia divina. Ma che resta, pur sempre, Salvezza. Analogamente, ad oggi, l’obiettivo della banda tragicomica travestita di rossonero non può che essere la salvezza, per quanto diversamente interpretata.

La figuraccia di Verona arriva giustappunto nel giorno che doveva rappresentare il principio della risalita (come troppi altri nella burrascosa annata rossonera) e che invece, per la duecentesima volta, diventa il ritratto della nuova, ridicola faccia del Milan. In un giorno che, peraltro, era tutt’altro che qualunque per la storia di questi colori: ieri si festeggiavano i centodiciotto anni dalla fondazione del club. Oggi, più che festeggiare, c’era da chiamarlo, il 118.

ALIBI DEL GIORNO

L’alibi del giorno è: “Abbiamo tirato trenta volte e neanche un gol. Cavolo, che sfortuna”. Poi vedi il tabellino e non leggi mica 0-0. Leggi 3-0. E allora capisci che qualcosa non quadra, ma proprio neanche un po’. Il disastro di oggi sta proprio in quel “trenta tiri in porta e zero gol” del Milan davanti al “tre occasioni e tre gol” del Verona. Significa che l’attacco non segna e la difesa non difende. Il che è parecchio preoccupante. Significa che non funziona praticamente nulla. Perché il calcio è un gioco semplicissimo: o fai gol, o non prendi gol. C’è chi punta sul farli, e chi sul non prenderne. Questa squadra non ha ancora scelto e, nel dubbio, ne prende tanti e non ne fa. Insomma, non ha ancora uno straccio d’identità.

GATTUSO: PIANO FALLITO

Ora, Rino Gattuso era stato scelto proprio per dare un’identità alla rosa. Inutile dire che in meno di un mese nessuno si attendeva risultati esaltanti. Ma, signori, questo è un  disastro conclamato. Peggio di così era indubbiamente impossibile fare: pari col Benevento, sconfitta contro il Rijeka, 3-0 dall’Hellas Verona. Non ditemi che due vittorie contro Bologna e Verona in casa possano cambiare qualcosa. Parliamo di tre figuracce, che indipendentemente dal tempo a disposizione del mister, hanno caratura epocale. Puoi essere in panchina anche da quindici giorni, ma non puoi permetterti di scrivere, in questi miseri quindici giorni, due fra le pagine più tristi dell’ultimo decennio. Paradossalmente, in un caso del genere, il poco tempo a disposizione da alibi diventa principale peccato: così male in così poco. Allora in punto è: Gattuso è stato preso con la consapevolezza che fare bene fin da subito era difficile, ma oggi la sua presenza in panchina è (chiaramente) deleteria. Dunque: ha senso continuare con Rino? Conoscendolo, francamente, non mi sarei stupito se si fosse dimesso. Anzi, sarebbe stata la giusta ammissione dell’evidente incapacità di migliorare questa squadra. O meglio, di averla quasi peggiorata.

RIMPIANTO MONTELLA

Perché Montella nei match sulla carta facili aveva sempre fatto bottino di punti: Crotone-Milan 0-3, Milan-Cagliari 2-1, Milan-Udinese 2-1, Milan-Spal 2-0, Milan-Genoa 0-0 (complice la folle espulsione di Bonucci a metà primo tempo), Chievo-Milan 1-4, Sassuolo-Milan 0-2, Milan-Torino 0-0. Nessuna figuraccia, tanti punti e pochi complimenti. Non potevano bastare, questo è ovvio, ma erano pur sempre una base solida su cui fondare la risalita. E adesso vien da chiedersi: che senso aveva l’esonero? La risposta mi pare di averla data nei precedenti editoriali. Ma aggiungo: richiamarlo sarebbe davvero una cattiva idea?

 

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