Gattuso ha voluto sbatterci il muso. Ora la trincea per amore del Milan

A Rino sono bastati pochi giorni per capire che aria tira. Purtroppo per lui non ha avuto molta scelta nell’accettare l’incarico di succedere a Montella pur avendo già intuito quale fosse la situazione da quando allenava la Primavera. Sedutosi sulla panchina della prima squadra ha impiegato pochissimo tempo a capire che la sua sarebbe stata una missione impossibile.

Il Gattuso allenatore è ancora tutto da misurare e da valutare, per sua fortuna agli occhi di chi capisce di calcio non farà testo questa breve esperienza sulla panchina del Milan. Il Gattuso calciatore lo conosciamo bene, è uno che non molla mai. Tranne quando capisce che non c’è proprio più nulla da fare. Il Rino uomo è di una caratura superiore alla media e nella sua carriera non ha mai smesso di dimostrarlo. La società ha seccamente smentito le sue dimissioni dopo Verona, ma conoscendo Rino e vedendo i suoi trascorsi non faccio fatica a credere che le abbia presentate davvero. Capendo che lavorare così, con questa società, con questi dirigenti, con questo ambiente e con questo spogliatoio, è pressochè impossibile. Un professionista normale direbbe: “Chissenefrega, mi faccio scivolare tutto addosso, tanto questi mi devono pagare”. Rino no. L’uomo è di un’altra pasta. Rino è così. E’ molto più “da Gattuso” dire: “Tenetevi i soldi e tenetevi questa roba che non assomiglia nemmeno lontanamente al Milan”. Che è poi il pensiero che hanno avuto tutti gli altri monumenti rossoneri che, a titolo diverso, sono stati corteggiati dalla coppia Mirabelli-Fassone.

La differenza è che i vari Maldini, Ancelotti, Albertini e Kakà hanno declinato la proposta appena l’hanno ricevuta. Ognuno a suo modo e con i suoi modi. Invece Rino è diverso per storia e per carattere. Ha dovuto sbatterci il muso, ha dovuto toccare con mano e guardare dal di dentro come è finita la sua, la nostra, squadra del cuore. E ora si trova in trincea, in difficoltà. Per amore del Milan. Sicuramente non finirà la stagione sulla panchina. Ma chi è onesto intellettualmente non gli darà mai responsabilità per colpe non sue. Lui la dignità non l’ha persa e non la perderà. Lui.
Direi che da parte mia è ormai inutile calcare la mano sui fatti degli ultimi giorni: dal secondo tempo indecente di Verona sotto la guida del “capitano” fassonico alla scelta del ritiro punitivo da Serie C anni 80. Senza voler riaprire il triste capitolo delle risate di Nyon di fronte ai piani di rientro grazie al merchandising orientale o alla Champions che continuiamo a guardare in tv. Per finire con la ricerca di un nuovo finanziatore sempre più vitale e irrinunciabile. A proposito: ma quelli che mi prendevano in giro quando dicevo che i “cinesi” non esistevano?

E’ vero, gli ultimi anni della vecchia gestione sono stati grigi e non all’altezza della storia del trentennio. Vuoi perchè si spendeva molto meno, vuoi perchè la società era dilaniata dalla lotta intestina. Ma non dimentico che giusto un anno fa il crepuscolare Milan di Galliani e Montella, modesto tecnicamente e con poche prospettive, mi faceva passare un Natale stupendo battendo ai rigori la Juve in una riedizione emozionante di Manchester 2003. La Supercoppa nella mani di Gigione è l’ultima immagine del mio Milan. Pensate che ora ci fanno passare quel fenomeno diciottenne che piange per il suo Milan come un traditore o un mercenario. Io sono il primo a consigliargli di andarsene: “Che cosa ci stai fare Gigio in questo Milan? Purtroppo per te sei nato con qualche anno di ritardo. Tu dovevi stare nel Milan di Gattuso, Kakà e Maldini.” Che infatti in questo Milan non ci vogliono tornare… Almeno finchè non arriverà il primo vero e unico atto formale che dovrebbero desiderare i milanisti: le dimissioni dei nuovi dirigenti. Ma purtroppo loro non sono come Rino. E non le daranno.

Buon Natale a tutti i milanisti e un grazie di cuore a Riccardino per le emozioni indimenticabili che mi ha fatto vivere. Ricordo tre momenti su tutti. Il Pallone d’Oro alzato in Piazza Duomo quella sera di dicembre 2007, ero due passi dietro di lui sul balcone. Quel 30 giugno 2009 al Mirasierra Suites di Madrid quando un’ora prima della presentazione al Bernabeu, mi disse: “Tornerò”. E poi è stato di parola ed è tornato davvero, in tempo per segnare il suo ultimo gol in Champions, sempre a Madrid. Quella sera di febbraio 2014 in telecronaca commentai così: “Ricky segna l’ultimo gol del Milan in Champions, per molti molti anni non ne vedremo più”.

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