Sì al ritiro, ma non sia solo una punizione

Federica Barbi è laureata in Lettere Moderne e Giornalista Pubblicista dal 2012. Collabora con SpazioMilan.it quasi dalla sua nascita, esattamente dall’aprile del 2012. Segue il Milan dalla lontana Torre Annunziata, in provincia di Napoli, ma quando può corre a rifugiarsi a San Siro, per seguire da vicino le vicende rossonere. Attualmente collabora anche con Vesuvio Live e Betclic. 

Il Milan è in ritiro fino a data da destinarsi. Un pugno duro comprensibile, forse inevitabile. Una mossa quasi disperata, perché dalle parti di Milanello si è tentato di tutto, eppure questo tutto sembra non bastare. La squadra di Gattuso inizia il ritiro proprio a pochi giorni dal Natale. Un po’ come dire: niente regali, solo punizioni.

Ed è su questo che volevo puntare l’attenzione. Nulla da dire, ripeto, sulla scelta della società, evidentemente spaesata ma comunque decisa a tenere fermo il polso della situazione, ma il ritiro non deve essere semplicemente un castigo da scontare.

Il ritiro deve essere un momento di riflessione, un’occasione per compattarsi e soprattutto per parlare di più. In questi casi, il dialogo è importante perché la componente psicologica nei periodi di crisi è spesso prevalente rispetto a quella tecnica.

Allenamenti e tattica non sono infatti sufficienti per uscire da un tunnel profondo come quello in cui si è bloccato il Milan, bisogna lavorare sulla testa, sull’approccio e sulla convinzione.

Da anni si cambiano giocatori e guide tecniche, ma ci si ritrova a parlare sempre della stessa, grande mancanza: la motivazione. Perché certe prestazioni, per quanto una rosa possa essere inadeguata o avere lacune, non possono essere giustificate.

Per cui, sì al ritiro, ma che serva a qualcosa davvero.

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