Sapessi com’è strano darsi appuntamenti… a San Siro

Non ne avessimo abbastanza dei battibecchi politici e di quelli calcistico-moviolistici, nel football si fa largo un nuovo tipo di tenzone: quella relativa alla questione stadi. Quando Piero Pirelli, cognome che verte all’interismo ma di sicura fede rossonera, presidente per un ventennio a inizio secolo, nel 1926 vide la sua idea divenire cemento ed erba verde, non pensava mai che novant’anni dopo la stessa sarebbe divenuta oggetto di querelle tra il comune di Milano e la società che lui presiedeva. San Siro e il Milan, binomio indissolubile, impianto inaugurato con un derby dove Santagostino segnò il primo gol nella nuova casa milanese del calcio (finirà 6-3 per i nerazzurri) e che negli anni ne ha viste e riviste. Da tempo si paventa l’idea di abbandonarlo, prima sembrava l’Inter a dover salutare, poi il Milan era praticamente certo di edificare un nuovo stadio al Portello persino con dei giardini sul suo tetto (dubbio gusto, onestamente), trasformandolo nella cittadella rossonera comprensiva anche della nuova sede, e invece saltò tutto, per sopraggiunte spese non messe in conto quali la bonifica.

Troppo poco per giustificare un salto in avanti del Milan che meriterebbe uno stadio di proprietà, un fortino che torni a rendere orgogliosa la gente rossonera, ma allo stesso tempo non può immaginarsi lontano dall’impianto che lo ha visto da sempre protagonista. Il sindaco Sala, di fede interista ovviamente, propende ad ascoltare e ad avallare i progetti dei cinesi nerazzurri, e dall’altra parte pare mettere fretta alle idee rossonere. Fraintendimenti: il Milan risponde chiaramente che nessuna decisione è presa, solo un tavolo comune per discutere, riparando all’inesattezza del numero uno meneghino, e per il momento la storia di San Siro è salva.

Da frequentatore assiduo di stadi negli anni, fatemi dire che vedere Juventus-Torino con i granata confinati nel settore ospiti dello “Stadium” è alquanto triste. Gli stadi in comune iniziano ad essere ormai una strada quasi impraticabile, ma sicuri di buttare all’aria quasi cento anni di storia di un teatro dentro cui hanno recitato campioni del calibro di Facchetti, Rivera, Ronaldo o Van Basten? Ci piacerebbe un San Siro tutto rossonero, ma mosso da un moto di tenerezza o forse pietà, perché poi finire confinati anche noi in un settore ospiti di uno stadio tutto nerazzurro? Perché non ammirare le coreografie, il muro contro muro, la città viva dentro allo stesso catino? Non mi immagino lontano da San Siro, soprattutto da quel giorno in cui, tanti anni fa, mio padre mi fece trovare sotto il naso i biglietti della mia prima volta, una domenica mattina, senza preavviso. Per un bambino di undici anni, tanta roba.

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