Storia di un ex, Riccardo Carapellese: dribbling, donne e gol

Cambiare maglia oggi è divenuta cosa usuale nel mondo pallonaro. Una volta no. C’erano le bandiere, c’erano i nuclei di italiani che scrivevano pagine pluriennali nei loro club, dando identità e tradizione. C’erano simboli e capitani con la C maiuscola. Riccardo Carapellese, pugliese sanguigno che veniva da Foggia, aveva precorso i tempi e cambiato maglia molto spesso. E’ uno dei giocatori più ricordati negli annali, l’ultimo genoano a segnare in nazionale per 57 anni, prima che Gilardino interrompesse il digiuno nel 2013.

Lo aveva citato anche Silvio Berlusconi nella sua lettera scritta subito dopo il trionfo Intercontinentale del 1989: “Il Milan dei Puricelli, dei Carapellese, dei Tosolini, dei Gimona, che non era riuscito a vincere niente di importante”. E’ il Milan “bellico”, quello degli anni Quaranta, di quando l’ex presidente rossonero era bambino, quello che fa da apripista forse al primo ciclo vincente dell’epoca milanista, quello dei Cinquanta. Carapellese approda nel Milan del dopoguerra nel 1946, dopo essersi barcamenato tra Casale, Spezia, Vigevano e Como. Era un’ala velocissima e guizzante, dal dribbling repentino e ruspante come pochi.

Debutta in A proprio col Milan in una sconfitta per 3-2 contro il Vicenza, e rimane rossonero sino al 1949, l’anno in cui arriva Nordhal, a gennaio, e Gren con Liedholm a giugno, oltre al portiere Lorenzo Buffon. Con il “pompierone” giocherà sei mesi, fino al suo passaggio al Torino. Al Milan Carapellese segna 52 reti in 106 partite, prima di lasciare Milano e vestire granata dove si prende una responsabilità non da poco: indosserà la fascia di capitano lasciata da Mazzola, perito insieme a tutta la squadra sull’aereo di rientro da Lisbona, schiantatosi a Superga.  Presta il suo volto per una pubblicità di un panettoncino Motta e gioca sedici partite in Nazionale segnano dieci gol. Il Milan lo sospese per via di alcune frequentazioni femminili che a dire della dirigenza ne minavano il rendimento; di certo una donna lo ha fatto soffrire molto: era la figlia Daniela, morta nel 1984 dopo un lungo tunnel di alcol e droga. Carapellese se n’è andato invece nel 1995, restando patrimonio del calcio italiano (aveva giocato anche i Mondiali del ’50 segnando due reti) e uno dei primissimi a cambiare così tante maglie.

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