Un posto all’ombra: Milan, evitare il preliminare di EL è un obbligo. Basta fallire nei momenti clou

Rialzarsi sarà realmente difficile. Terribilmente difficile. Digerire un 4-0, in una finale, alla quale si era giunti con la crescente convinzione di poter realmente spezzare un dominio – oggi più che mai apparentemente inflessibile – non sarà cosa da poco. La fortuna di questo Milan, troppo brutto nei secondi 45 minuti di Roma, è avere in panchina uno degli uomini che, sulla propria pelle, ha vissuto uno dei drammi sportivi più grandi della storia rossonera. Istanbul 2005. Non serve, probabilmente, aggiungere altro.

Cosa serve

Quello che invece ci sentiamo di dire, con convinzione ed un pizzico di dovuta arroganza, è che questo gruppo di giocatori non può permettersi più di smarrirsi nell’ultimo momento clou della stagione. Si è crollati in un San Siro stracolmo nella sfida europea con l’Arsenal, lo si è fatto anche nell’unico momento in cui, quest’anno, si è realmente stati ad un passo dal riaprire un discorso Champions apparentemente morto e sepolto mesi prima. Adesso, tutti coloro che sembrano nascondersi quando c’è più bisogno di loro, da Suso a Bonucci, passando per Donnarumma e Romagnoli, devono rispondere presente. Senza se e senza ma.

Un anno dopo

Andare “semplicemente”in Europa League non basta. Non basta perchè significherebbe replicare un risultato ottenuto 365 giorni fa, con un tecnico diverso ed una squadra non infarcita di investimenti milionari. Perchè, se qualcuno se lo fosse dimenticato, al Milan quest’anno sono arrivati giocatori per una somma economica di circa 250 milioni. Senza contare gli stipendi. La stagione, di per se, è e rimarrà fallimentare. Arrivare settimi e dover replicare le sgambate estive con compagini come Craiova e Skendija non sarebbe ammissibile. Sarebbe un disastro. Serve qualificarsi ai gironi di EL senza passare dalla porta di servizio. Per non peggiorare ulteriormente un bilancio stagionale asfittico.

Due finali

Adesso, dopo aver bruciato la prima, vera, finale a disposizione, in maniera vergognosa per giocatori che scendono in campo fregiandosi di una maglietta a strisce rosse e nere, con una patch che indica che il proprio club ha vinto sette Champions League, serve una reazione. Serve giocare le ultime due partite di Serie A come se, in realtà, ci si stesse davvero giocando l’atto conclusivo della principale manifestazione europea per club. Quella che ha visto molto spesso il Milan alzare la Coppa. Quella dalle grandi orecchie. Quella che, da troppo tempo, abbiamo preso l’abitudine di veder giocare agli altri.

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