SM RELIVE • Fassone: “Lo stadio di proprietà è un dovere, siamo la Cenerentola dei diritti tv. Le Squadre B? Aspettiamo metà luglio”

Dal nostro inviato alla Feltrinelli, Christian Pradelli.

Marco Fassone è uno dei protagonisti della presentazione del libro di Marco Bellinazzo “La fine del calcio italiano”, presentato alla Fondazione Feltrinelli di Milano.

Fassone sul libro: “I temi che tratta Marco Bellinazzo sono quelli che mi appassionano maggiormente. E’ una critica per molti versi legittima alla classe dirigente degli ultimi anni e mette noi di fronte alle nostre responsabilità. Milan e Inter sono una delle risposte alle domande del libro: erano e sono state, oltre che l’emblema di una città straordinaria, anche l’espressione di due famiglie che hanno accompagnato i successi di questo club per decenni. La Juventus è la storia di una famiglia intera e certamente questo modello d’impresa e management ha caratterizzato il nostro calcio per un secolo. Milan e Inter hanno caratterizzato l’ultimo decennio per alcuni cambiamenti epocali: hanno cambiato una proprietà e l’hanno fatto con una proprietà internazionale. La gestione familiare aveva determinato, per le due squadre, un periodo di grandi vittorie, con qualche polemica inevitabile, ma parliamo di epoche irripetibili. Il cambio di modello e di gestione, ora, richiede tempo. Per l’Inter si tratta di cinque anni di sforzi, mentre il Milan si affaccia ora a questo cambiamento estremamente faticoso. Io credo che la serie fantastica della Juventus di Marotta sia stupenda a livello di club, meno a livello di calcio italiano. E’ un monologo. Io penso che Milan e Inter siano ancora lontane, colmare il gap non sarà facile, è meglio non ricordare il delta di punti. Noi dobbiamo seguire le cose buone della Juve, articolando la nostra crescita a livello di sistema calcio e non di singolo club”.

Sul vivaio e sulle squadre B: “Ci si è domandati quale fosse uno dei motivi del declino della nostra squadra nazionale e subito si è pensato ai vivai. Parlando di Milan, il club ha parecchi talenti al suo interno, basti pensare alla prima squadra. Questa filosofia intendiamo perseguirla, con l’obiettivo di far crescere giocatori forti piuttosto che conseguire obiettivi a livello di risultati sportivi. Certamente, sul tema della seconda squadra, il Milan è uno dei fautori di questa nuova norma insieme alla Juventus. Magari non sarà la norma migliore, si voleva dare un impulso importante a livello nazionale. Ma con questo sistema non sapremo fino alla metà di luglio se il Milan riuscirà ad occupare con una sua squadra un posto in Lega Pro”.

Sullo stadio di proprietà: “Se torniamo al periodo 2005/2010, ci sono stati due elementi che hanno creato la crisi: intanto Calciopoli, poi la clamorosa sconfitta dell’Italia nell’assegnazione degli Europei 2012. In quel caso ci sarebbe stato un flusso di investimenti importanti, soltanto la Juventus è riuscita a portare avanti il suo progetto perché era già in corso. Calciopoli lo ha bloccato per un paio d’anni, poi dal 2011 è iniziata l’epopea. Che Inter e Milan debbano lavorare, insieme o meno, per avere uno stato di proprietà o che comunque debba considerarsi la propria casa, è un dovere per i tifosi. Uno o due stadi? Che una città come Milano sia pronta ad averne anche due secondo me è evidente. I contro sul progetto congiunto? Saremmo l’unica esperienza europea, con tutta una serie di complessità che possono rendere più farraginosa la strada verso il futuro. Dall’altra parte San Siro è San Siro. Quello che credo che sia certo è che nel giro di qualche anno, grazie alla nuova normativa, dai 12 ai 18 mesi si può arrivare al permesso di costruire. Con obiettivo 2022/2023”.

Sui diritti tv:Mentre fino a due giri fa, dopo l’Inghilterra, avevamo dei diritti tv di ottimo livello, ormai siamo stati avvicinati e superati da tutti. In questo momento siamo la Cenerentola dei diritti televisivi. Ci sono due modelli che non hanno funzionato: il primo è il prodotto calcio offerto da noi, per tantissimi motivi diversi; il secondo è il modello di offerta che è transitato attraverso le due pay-tv che ad esempio non ha mai permesso l’ingresso di una compagnia di telecomunicazioni. In questo senso il segnale di rottura del canale della Lega avrebbe potuto secondo noi generare una rinascita dell’universo diritti. Ma va ugualmente a nostro favore la modifica dello statuto della Lega verso una condizione più manageriale che dovrebbe, nel medio periodo, aiutarci a crescere”.

 

 

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