Accumulare punti ad ogni costo. Anche a discapito del gioco

Dopo Atalanta ed Empoli Gattuso era già all’ultima spiaggia, la vittoria contro il Sassuolo è stata dipinta come la gara della svolta. Come sempre manca equilibrio nella valutazione del tecnico e nella prefigurazione del suo destino. E’ un classico e non ci stupiamo più. Per fortuna invece equilibrio, programmazione e misura non mancano alla società che quest’anno, a differenza della passata stagione, non è gestita in modo approssimativo e schizofrenico. La verità è che la nuova società/proprietà si è insediata troppo tardi per ipotizzare una rivoluzione tecnica in panchina. La priorità di Leonardo e Maldini era la ristrutturazione societaria e il mercato. Il discorso legato alla sostituzione di Gattuso è passato in secondo piano anche perchè Mirabelli, poco prima di lasciare l’incarico, aveva rinnovato il contratto all’allenatore. Inoltre Leonardo sapeva benissimo che Gattuso era l’unica figura a cui si stava aggrappando il disorientato popolo rossonero ed esonerarlo quest’estate sarebbe stato il modo peggiore per presentarsi a una tifoseria con la quale aveva già un rapporto difficile dopo il “tradimento” del 2011. Inoltre Leo non aveva un’alternativa pronta all’uso. Quindi per ragioni di “opportunità” Gattuso ha cominciato la stagione sulla panchina del Milan, ma, diciamoci la verità, non gode e non ha mai goduto della totale fiducia del club, che non immagina con lui in panchina, lo sviluppo progettuale del prossimo futuro. Esattamente come era accaduto l’anno scorso con Montella. La differenza è che quest’anno i dirigenti del Milan hanno fatto per l’appunto i “dirigenti” e hanno salvaguardato l’interesse e il bene del club. Si sono perciò astenuti dallo scaricare sull’allenatore le resposabilità dei primi passi falsi, lo hanno invece protetto e tutelato, pur non essendo convinti al 100% della bontà di questo avvio di stagione. Questo trend continuerà a oltranza a meno che la situazione non precipiti in termini di risultati, al punto da pregiudicare la corsa ai primi quattro posti e quindi al ritorno in Champions League, vero grande obiettivo stagionale.

Ecco proprio i risultati sono il metro con il quale verrà valutato Gattuso, come è giusto che sia per ogni allenatore. E i risultati sono proprio quello a cui Rino si deve dedicare, anche a discapito del gioco. Pur amando il Gattuso uomo e apprezzando le qualità del Gattuso allenatore credo fermamente che il suo limite sia proprio a livello concettuale. E’ molto bella la continua ricerca del gioco, del possesso di palla e della supremazia territoriale che si evidenzia in tutte le partite del suo Milan. Ma Rino deve capire che questa è una squadra “debole” di testa, senza grandissime qualità tecniche, fisiche e di personalita. E’ una squadra largamente imperfetta e con tante incertezze, figlie di troppi anni di delusioni, cambiamenti e sconfitte. Un allenatore esperto sa bene che l’unico modo per ridare certezze a una squadra, fare in modo che i giocatori seguano il progetto tattico e conquistare la fiducia della società è accumulare punti. A ogni costo. Per questo motivo, secondo me, Gattuso avrebbe dovuto, almeno in questa fase iniziale della stagione, essere piu’ pragmatico e rinunciare a “giocare” da grande squadra sempre, in tutte le fasi delle partite. Sul 2-0 di Napoli Gattuso avrebbe dovuto rinunciare a giocare e portare via almeno un punto, il doppio vantaggio contro l’Atalanta doveva essere “messo in banca” e lo stesso discorso vale per il gol di Empoli.

Gattuso deve capire che una squadra come il Milan, non imperforabile dietro e con tanti dubbi, non sempre può vincere attraverso il gioco come accaduto contro Roma e Sassuolo. Ma il più delle volte è opportuno portare a casa i “punti sporchi”, se è il caso anche rinunciando a giocare. La presenza di un bomber come Higuain che consente di partire sempre o quasi sempre da 1-0, dovrebbe favorire questo modo di pensare e di rimanere “attaccati” al risultato. Proprio come accadde nei primi mesi del Milan di Allegri quando Ibra faceva un gol e il resto della squadra lo difendeva fino al 95esimo. In quei mesi il Milan che poi avrebbe vinto l’ultimo scudetto, collezionò una lunga serie di 1-0 e grazie a quelle partite sofferte e tirate, per nulla belle dal punto di vista del gioco, si cementò quello spirito di squadra e quelle certezze che poi caratterizzarono quella squadra. Gattuso dovrebbe percorrere la stessa strada e ricercare la porta inviolata e i punti a qualsiasi costo. E deve trovare il modo di vincere le partite non solo con le “buone”, cioè con il gioco, con il palleggio e il dominio del campo come a Sassuolo, ma anche con le “cattive”.

Da questo punto di vista la momentanea assenza di Higuain favorisce maggiormente il primo atteggiamento tattico, quello che gli ha permesso di fornire le migliori prestazioni della passata stagione. Con il “Pipita” invece il Milan è obbligato a “giocare” per lui e di conseguenza diventa una squadra più utilitaristica, meno manovriera e avvolgente. Ma se Gattuso riesce a “switchare” gioco e mentalità e a costruire un Milan più “a misura di Pipita” diventa più facile avere una fase difensiva efficace proprio come accadde ad Allegri con Ibra. Con Higuain infatti non è più necessario attaccare sempre con 5/6 uomini e quindi la “coperta” diventa meno corta in fase di non possesso. Da questo adattamento e dalla capacità di alternare queste due facce dello stesso Milan dipende il destino della stagione rossonera e soprattutto della panchina di Gattuso. Se Rino non dovesse riuscirci e se il Milan non fosse in zona Champions alla sosta natalizia, l’ombra di Antonio Conte si allungherebbe sulla sua panchina. Finalmente un’ombra non cinese…

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