Rino deve stringere i denti in attesa di Ibra: con lui il quarto posto è già in tasca. E lo sa anche Higuain

Rivisto qualche giorno dopo, il punto conquistato all’Olimpico diventa più prezioso e diminuisce l’amaro in bocca per l’ennesimo gol-beffa incassato nell’extra time. Nelle attuali condizioni di formazione alla vigilia sembrava una sconfitta scritta, tra l’altro proprio in casa di una delle due antagoniste per il quarto posto. E invece, come a volte capita nel calcio e come spesso è capitato nella storia del Milan, i rossoneri in formazione super rimaneggiata hanno tirato fuori una grande prestazione che stava per condurre a un successo clamoroso quanto inaspettato. Sono sicuro che alla fine dell’anno questo punto peserà tantissimo e nessuno si ricorderà più della beffa al 95′. Per certi versi mi è tornato in mente un pareggio 0 a 0 sempre in casa della Lazio nel 99 che lì per lì sembrava insignificante. Ma poi grazie al quel punto il Milan di Zaccheroni riuscì a superare proprio i biancocelesti in un’incredibile rimonta-scudetto.

Prendiamo dunque il buono di quel punto e continuiamo a fronteggiare questa situazione di emergenza totale. Ieri contro il Dudelange è bastato un Milan senza testa per portare a casa la vittoria. Partite così, con avversari inferiori di 3 o 4 categorie possono capitare. Ma poi da domenica contro il Parma fino al 29 dicembre fare punti sarà molto molto complicato con questa rosa. E sarà anche complicato passare indenni ad Atene e strappare il biglietto per i sedicesimi di Europa League. Fino a gennaio non si possono fare acquisti, si possono solo inventare soluzioni alternative come ha fatto Rino a Roma o lanciare i giovanissimi come ieri sera. Bravissimo Gattuso a non fare la vittima di fronte alla sequela di infortuni e a non infondere nella squadra quei sintomi di rassegnazione che avrebbero condizionato tutte le partite da adesso fino a fine 2018. In questo si riflette la voglia di lottare e non mollare mai tipica di Rino. E invece più anomala quella che sta diventando una costante, cioè subire gol negli ultimissimi minuti. Questa perdita di concentrazione nel finale non è da Gattuso e comincia a non diventare una casualità. E a dire il vero non è nemmeno da Gattuso quel mood presuntuoso e superficiale con il quale il Milan ha affrontato il Dudelange.

Capitolo mercato: servono tanti, troppi giocatori e in troppi ruoli. Soddisfare tutte le esigenze sarà molto difficile. Prendere gente di qualità e di personalità, con pochi soldi e in pochi giorni è impossibile. Il primo tassello, fondamentale per sferrare l’assalto al quarto posto, è l’agognato Zlatan Ibrahimovic. Fondamentale non solo dal punto di vista tecnico, ma per tutto: mentalità, leadership, fisicità, voglia e abitudine al successo. L’età non conta nulla, soprattutto in uno con le sue caratteristiche tecniche: Ibra è decisivo anche se gioca da fermo. Ci sono quelli che dicono: “Non ha senso prendere un 35enne pochi mesi, bisogna comprare i giovani per aprire un ciclo”. Punto primo: i giovani per aprire i cicli costano troppo, Ibra no. Punto secondo: i giovani anche di talento devono essere sostenuti e supportati, hanno bisogno dei leader che li guidino e il Milan non li ha. Ibra è un leader. Punto terzo: per aprire i cicli ci vogliono i soldi e uno dei pochi modi per tornare a far crescere il fatturato è rientrare nel giro della Champions League. Subito. Con i giovani promettenti “alla André Silva” non ci arrivi, con Ibra sì. Lo svedese è una splendida scorciatoia per il quarto posto. Visto che da ormai troppi anni giriamo a vuoto, stavolta prendiamo la strada più breve e più sicura. I peggiori sono quelli che dicono: “si pesterà i piedi con Higuain. I campioni vogliono amano giocare con i campioni, soprattutto se in squadra ce ne sono pochi, anzi pochissimi. Con due attaccanti come Ibra e Higuain, il resto della squadra può anche essere composto da mezze figure. Basta far arrivare il pallone a loro. Imparate da Ancelotti che nel 2008 appena ha a disposizione Pato e Ronaldo, non ci pensa due volte e li schiera tutti e due insieme con in più Kakà e Seedorf. Nel 2012 Ibra non vedeva l’ora che arrivasse Tevez, uno che parlava la sua stessa lingua calcistica. Esattamente come adesso non vede l’ora di giocare con Higuain. Ibra sapeva che se fosse arrivato Tevez avremmo vinto quello scudetto, Higuain sa che se arriva Ibra torniamo in Champions League. E sono sicuro che anche lui, da gennaio in poi, sarà più rilassato. E penserà solo a fare gol. Per tutto il resto c’è Ibra.

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