16 dicembre 2007 – 16 dicembre 2018: undici anni dopo

Una giornata di anniversari per i colori rossoneri. All’insegna dei ricordi. Perché oltre al compleanno del club e della Curva Sud, il 16 dicembre 2007 il Milan era sul tetto del mondo, diventando il club più titolato al mondo (frase tanto cara a Galliani quando il mercato si avvicinava, meno ai tifosi…) a Yokohama vincendo la finale del Mondiale per Club contro il Boca Juniors per 4-2. Dopo aver superato il Liverpool ad Atene. Prima Atene significava 2007 o meglio 1994, ora vuol dire Olympiacos… Tutti ci ricordiamo dove eravamo quella domenica di undici anni fa, difficile associare un posto, un ricordo al Milan in questo lasso di tempo trascorso fino ad oggi. E chissà a quanti di noi è capitato di rivedere quelle immagini in questi anni così avari di successi, alla ricerca di una vana consolazione.

IL TRACOLLO – Ora il Milan raccoglie le macerie di quell’impero che aveva creato, che poco a poco è andato sbriciolarsi. Undici anni in cui milanisti hanno dovuto ingoiare bocconi amari (tolto uno scudetto), vivendoli come un calvario. Soprattutto dal 2012 in poi, quando con la cessione di Ibrahimovic e Thiago Silva, Silvio Berlusconi ha deciso di smantellare il suo giocattolo e porre il sipario sulla sua epopea, trascinando il morto agonizzante per qualche anno fino alla cessione – che sembrava liberatoria – ai cinesi. Nel frattempo lo stesso Berlusconi ha avuto tempo di bruciare in panchina una pletora dei suoi ex campioni, quando il problema non era a loro imputabile. Non parliamo dei cinesi. Un anno illusorio e travagliato, dove il fiato sospeso era più per l’invio di un bonifico che per un calcio di rigore, dove le notizie della squadra si leggevano su un giornale rosa, ma ero quello del Sole 24. Ora un altro passaggio di proprietà, che ancora non basta per rialzare la testa, ma utile per sperare in un futuro migliore.

PRIMA E ORA…- Quello era un Milan di campioni, ora i campioni vestono altre maglie, manca da morire la Champions e la sua musichetta. San Siro è diventato terra di conquista per gli avversari. Prima gli allenatori venivano portati in trionfo dopo una Champions, ora dopo un sesto posto. Prima gli scontri diretti erano con la Juventus, ora con l’Atalanta. Prima si giocava il mercoledì, ora il giovedì, quando forse sarebbe meglio nemmeno giocare. Prima il Milan era rispettato in campo e fuori, ora si deve subire inermi gli sfottò dei rivali. Ma rialzarsi si può…Juventus docet. Quando il Milan sollevava la Champions in faccia ai Reds, la Juventus vinceva il campionato di serie B. Dopo i primi anni tribolati, i bianconeri hanno raccolto il testimone del Milan e grazie a competenza, programmazione strategica e lungimiranza, ora hanno tutte le carte in regole per giocarsi il primato del mondo nel prossimo dicembre 2019.

RITORNO AL PRESENTE- L’unica cosa rimasta invariata rispetto al 2007 è il fatturato e forse era l’unica cosa che dovevamo cambiare, in questo calcio schiavo dei paletti finanziari. Dati alla mano, il Milan nel 2006/2007 chiuse il bilancio con 228 milioni di ricavi, nel 2017/2018 gli stessi ammontavano a 255. Ma Elliot è intervenuto, investendo su un fuoriclasse dei bilanci. Tornando a quella finale del 2007, segnò anche un giovane Palacio. Un nome che richiama il Milan a un brusco ritorno al presente, perché dopo la disfatta europea e aver rinnegato il suo passato, il Milan dovrà tornare da Bologna con i 3 punti per scacciare la parola crisi e gli inevitabili processi.

Undici lunghi anni in cui abbiamo maturato una certezza: il “grande Milan” non esiste più e la mentalità vincente non si trasmette ammirando le coppe impolverate. Ma tutto si può ricostruire, con un mattone alla volta, tutti uniti come ha detto Gazidis nel video della sua presentazione ai tifosi e centrando un obiettivo alla volta: il primo è tornare a casa, in Champions League.

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