Dai cinesi ai cuori rossoneri: il 2018 del Milan è un altro flop. Urge la svolta

Un altro anno è passato e dunque – ormai più che per piacere, per dovere – ci ritroviamo a tirare le somme dei 365 giorni a tinte rossonere appena trascorsi. Lo scenario è desolante. Così come lo è pensare che tra i momenti più indimenticabili del 2018 che abbiano come protagonista il Milan, rimangono giusto qualche vittoria raggiunta in extremis contro avversarie abbordabili, una semifinale di Coppa Italia (un tempo snobbata, ora unico obiettivo effettivamente raggiungibile) vinta ai rigori contro la Lazio e forse l’arrivo a Milano di Gonzalo Higuain, che – così come l’anno prima con Bonucci – ha riempito il cuore di tutti i tifosi rossoneri di sogni e speranze (che purtroppo, al momento, sono rimasti tali).

Qual è il punto? Come già anticipato qualche giorno fa qui, su questo network, passano gli anni, cambia la gente, ma non i risultati. Quelli rimangono gli sempre gli stessi, smentendo qualsiasi teoria algebrica conosciuta. L’esperienza cinese, o calabro-piemontese se vogliamo considerare le origini del duo dirigenziale composto da Mirabelli e Fassone, si è conclusa dopo pochi mesi dal suo inizio e non nel migliore dei modi. I sogni di qualificazione in Champions sfumati, un’Europa League che si è interrotta ai quarti e una finale di Coppa Italia – sulla quale si era fatto un vero e proprio all in, –  persa miseramente contro la Juventus. Senza considerare una situazione finanziaria disastrosa lasciata in eredità, e che il Milan ancora oggi patisce, figlia di un mercato faraonico che di concreto ha portato ben poco. Insomma, da caviale e champagne ai panini con la mortadella, se vogliamo sfruttare una celebre citazione mirabelliana.

Dopodiché la rilevazione da parte di Elliott e il ritorno dei cuori rossoneri Leonardo e Maldini – questa volta dietro la scrivania e non sul campo – che fino ad ora si è limitato a riportare alla mente di tutti i tifosi i fasti dei tempi che furono, ma che ancora non è riuscito a trasmettere una mentalità vincente. Non solo in una rosa molto giovane e fragile, ma anche e soprattutto in una società che ormai ha perso il fascino e la credibilità che dagli anni 90′ al 2007 Silvio Berlusconi, insieme al suo braccio destro Adriano Galliani, erano riusciti a costruire. Sul campo – di fatto – i risultati fino ad ora si sono rivelati piuttosto deludenti, o quantomeno altalenanti: il quarto posto – lì ad un solo punto – è a portata di mano, ma non sono da dimenticare i miseri pareggi di Cagliari, Empoli e tutti quelli collezionati a dicembre, senza i quali i ragazzi di Gattuso avrebbero praticamente ipotecato il biglietto per la prossima Champions. Senza considerare le ormai inevitabili sconfitte contro le big – in sequenza Napoli, Inter e Juventus – e la clamorosa eliminazione Europa League, per mano dell’Olympiacos, in un girone a dir poco abbordabile

Niente vedove, è questo il punto. Ma serve una svolta, radicale e concreta. E questa deve arrivare proprio dalle due storiche bandiere rossonere, che – supportate da un top player della dirigenza come Ivan Gazidis, ufficializzato AD meno di un mese fa – hanno il dovere di studiare un progetto lungimirante e a lungo termine, che non si limiti a mettere le pezze qua e là dove serve. Primo traguardo da raggiungere: la Champions League 2019/20, mattone indispensabile per la restaurazione del nuovo Diavolo, sia sotto il profilo squisitamente sportivo, sia sotto quello finanziario, da non sottovalutare. Basta flauti, basta giocatori mediocri sul gong e confusione in sede di mercato, anche perché – fino ad ora – tra Ibrahimovic, Quagliarella e Muriel le brutte figure non sono state poche. Ergo, per farla breve (e con il rispetto del caso): più Higuain e meno Laxalt, meno scuse e giustificazioni e più fatti. Nella speranza di ritrovarci qui, all’inizio del prossimo anno, a parlare di risultati veri e di obiettivi effettivamente raggiungibili.


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