Dal Milan ai campi di concentramento. Ferdinando Valletti, il rossonero che si salvò giocando a calcio con le SS tedesche

Ferdinando Valletti, l’uomo che scappò alla morte. Il mediano veronese, nato il 5 aprile 1921, esordì prima con l’Hellas, poi giocò al Seregno e, nella stagione 1942-43, arrivò al Milan. Giocò in rossonero per due stagioni, ma una lesione al menisco e la deportazione nazista misero fine alla sua carriera.

Valletti venne catturato nel marzo 1944 dalle SS tedesche per aver aderito a uno sciopero nello stabilimento dell’Alfa Romeo di cui era dipendente. Venne prima inviato al carcere di San Vittore, sempre a Milano, poi deportato al campo di concentramento di Mathausen (come Carlo Castellani, storica colonna empolese) su un treno però partito dal binario 21 della stazione centrale di Milano. Dall’Austria, Valletti venne trasferito in Germania al campo di Gusen, dove aveva il compito di scavare gallerie che dovevano servire a nascondere alcune fabbriche belliche tedesche. 

Ferdinando Valletti nel 1990 @vallettiferdinando.com

L’ex centrocampista riuscì a tornare a casa grazie anche alla fortuna: nel campo sapevano dei suoi trascorsi al Milan. Per questo venne chiamato da un Kapò a sostituire un giocatore nella squadra delle SS. Così gli venne concesso di lasciare il lavoro alla cava di pietra e di passare a fare lo sguattero nelle cucine, riuscendo così a sfamarsi e a portare cibo anche ai compagni, salvando la vita ad alcuni di loro.

Il 5 maggio 1945, Valletti venne liberato dalle truppe alleate e due anni dopo fu onorato della medaglia garibaldina al Valore militare, oltre al brevetto di Partigiano combattente. Nel 1979, su richiesta dell’allora presidente della Repubblica, Giuseppe Saragat, venne insignito con la decorazione della Stella al merito del lavoro. Dopo essere tornato prima a lavorare per Alfa Romeo negli anni ’70, poi diventato professore, venne colpito dal morbo di Alzheimer nel 2000, malattia che lo portò alla morte nel 2007.

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