Da Leonardo a Gattuso, la sagra degli errori

Fare peggio dell’Inter che si è terribilmente complicata la stagione con la telenovela Icardi non era facile, eppure ci stiamo riuscendo. A differenza dei nerazzurri avevamo uno spogliatoio apparentemente unito e una società perfettamente alineata con la guida tecnica. Poi il gol di Vecino dopo cinque minuti del derby ha completamente cambiato lo scenario.

La squadra e l’ambiente che si sentivano sicuri di raggiungere l’agognato obiettivo del quarto posto dopo tanti anni si sono improvvisamente risvegliati dal sogno e hanno cominciato a dare vita a una serie di regolamenti di conti dentro e fuori dallo spogliatoio. Purtroppo la lite Biglia-Kessié in panchina è stata solo la punta dell’iceberg, anzi peggio: è stata la rappresentazione plastica dei contrasti che fino all’inizio della primavera erano stati messi da parte in nome del bene del Milan. E’ bastato il gol di Vecino a far tornare un colabrodo la corazzata rossonera. E’ bastato il gol di Vecino a mettere in discussione tutto, a partire da Gattuso.

La conferenza del mister e la prestazione di Genova sono state la dimostrazione che le due settimane post derby invece di compattare l’ambiente lo hanno devastato. Gattuso ha parlato e parla da ex allenatore. Le sue scelte sono state non solo discusse, ma totalmente delegittimate. Personalmente sono d’accordo con la metamorfosi tattica richiesta da Leonardo e troppo tardi applicata da Gattuso. D’accordissimo sui contenuti, ma non sui modi. Gattuso e Leonardo dovevano agire di comune accordo o comunque farlo credere a tutti. Soprattutto alla squadra. E invece i giocatori hanno improvvisamente toccato con mano la realtà di una società che dopo aver a lungo protetto l’allenatore lo ha fortemente attaccato al punto da rendere inequivocabile la decisione di esonero a fine stagione. Indipendentemente dal risultato sportivo.

Ecco, questo è stato il grande errore di Leonardo. Pur deluso dalla preparazione tattica e mentale del derby, pur avendo già contattato e forse contrattualizzato il prossimo allenatore, Leo doveva far finta, proprio come fanno i grandi dirigenti. Doveva dare ancora completo sostegno a Gattuso e alle sue scelte. Un sostegno di facciata, ma convincente. E invece nelle due settimane post derby la società è intervenuta in maniera sbagliata, sull’allenatore e sulla squadra. La serata di Genova lo ha dimostrato.

Soltanto dopo aver preso coscienza dello stato psicologico della squadra a Marassi e del rischio di depauperare la grande rimonta Champions, Leonardo ha deciso di scendere in campo nel modo giusto, ma purtroppo c’è l’impressione che sia stato troppo tardi per rimettere insieme i cocci di un rapporto deteriorato. Non si doveva arrivare a questo punto. Per il bene del Milan. Ha sbagliato Leonardo a non ricompattare l’ambiente e rassicurare il tecnico dopo il derby, ha sbagliato Gattuso ad andare avanti con le proprie scelte tattiche con provocatoria ostinazione, facendo addirittura l’offeso. Nessuno dei due ha agito per il bene del Milan. Hanno iniziato a farlo solo dopo Genova. Il primo con parole finalmente di protezione del tecnico e di tutela dell’unità dell’ambiente. Il secondo con quelle variazioni tattiche che erano fin troppo scontate ai più. Ma come spesso accade nel calcio, la fortuna ti aiuta quando lo meriti e la sfortuna si accanisce quando te la cerchi.

La sensazione è che il Milan si sia complicato dall’interno una stagione che stava finalmente filando via liscia verso l’obiettivo. Ed è in questi momenti che si accanisce l’imprevedibilità che nel calcio spesso si configura sotto forma di infortuni dei giocatori più importanti: Donnarumma e Paquetà. Con l’assenza del brasiliano che proprio per motivi tattici rischia di pesare più di quella del portiere. Senza di lui Gattuso è costretto a rivedere nuovamente la logica di gioco, che qualche giorno fa, proprio la società gli aveva chiesto/imposto di modificare. Per necessità si torna dunque indietro, probabilmente si torna anche al tridente con Suso e Castillejo. Per necessità si torna a un modulo che la società ha fatto capire di non gradire. Oltretutto il suicidio tattico del gol di Lasagna non depone certo a favore di Gattuso. Subire gol in casa su contropiede nato da un corner a favore con i due centrali difensivi nell’area avversaria mentre si sta vincendo 1-0 è inamissibile nelle categorie giovanili, figuriamoci in Serie A.

Adesso diventa tutto terribilmente difficile, quasi impossibile, soprattutto perchè siamo nel mese decisivo per i due obiettivi, la qualificazione alla Champions League e la finale di Coppa Italia. Soprattutto perchè dobbiamo giocarci entrambi con la Lazio, che è la squadra più in forma del momento. Invertire la tendenza con l’allenatore delegittimato, lo spogliatoio in subbuglio e l’infermeria piena sembra davvero impossibile, ma abbiamo il dovere di crederci. Dopodiché, se la stagione dovesse concludersi senza centrare i due obiettivi, che erano assolutamente alla nostra portata, la lezione, durissima, dovrà servire sia a Gattuso per completare il percorso di crescita da allenatore in vista della sua prossima panchina, sia a Leonardo che in futuro dovrà essere bravo a mantenere l’equilibrio interno all’ambiente fino a dopo il raggiungimento dei risultati. Senza alterarlo prima del tempo. Per nessun motivo al mondo.

Nel 2013, anno della nostra ultima qualificazione alla Champions, il Milan arriva a Siena con spaccature interne alla società e allo spogliatoio che facevano spavento. Con un presidente che voleva esonerare Allegri un giorno sì e l’altro pure. Eppure chi guidava il club faceva sempre buon viso a cattivo gioco e pensava all’unità della squadra. A costo di fare finta. In nome dell’obiettivo. Nell’interesse del Milan. Nonostante tutto. A premiare quella coesione arrivò il gol di Mexes. Che rovinò il pomeriggio senese alla Fiorentina, ai gufi in panchina e alle civette in tribuna.

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