Gattuso e quella leadership che non c’è

Gennaro Gattuso sembra ormai essere stato eletto ad imputato e colpevole numero uno della crisi Milan che sta compromettendo tutti gli obiettivi in questo finale di stagione. Gli appena cinque punti conquistati nelle ultime sei gare in Campionato, l’eliminazione casalinga subita in semifinale di Coppa Italia per mano della Lazio e la terribile consapevolezza che un’altra stagione, l’ennesima, stia sfuggendo di mano ed è destinata ad essere archiviata come fallimentare. La sfida di domani sera all’Olimpico di Torino contro i granata di Walter Mazzarri è delicatissima, ma il Milan ci arriva nelle peggiori condizioni possibili, sia fisicamente che psicologicamente. La squadra sembra svuotata, non riesce più a fare e proporre nulla che poco poco si avvicini all’idea di manovra o gioco accettabile e, cosa ancor più grave, sembra aver perso soprattutto la sua anima, la voglia di combattere e non mollare mai fino alla fine, elemento che bene o male aveva contraddistinto il Milan di Gattuso durante la sua gestione. Ora manca tutto questo ed il primo ad ammetterlo è stato proprio lo stesso allenatore rossonero nella conferenza stampa di oggi pre Torino-Milan.

Un Gennaro Gattuso apparso sconsolato e rassegnato in una conferenza che è sembrata quasi soltanto un’ammissione di colpe e una consapevolezza di non saper come fare a risolvere i problemi di una squadra che dal derby in poi non ha più saputo reagire ai colpi inferti. Molti tifosi rossoneri non lo hanno mai amato come allenatore, ma in questo momento sembra essere ormai abbandonato da tutti. L’atteggiamento remissivo, la voce bassa e tremolante e la capo china che si continuano a vedere in sala stampa non lo aiutano di certo. Come fai a risollevare l’animo della squadra, infondere forza e coraggio, spronare i tuoi ragazzi a reagire se sei tu il primo a non crederci? Come puoi dare una strigliata al gruppo se sei il primo ad avere un atteggiamento remissivo? Quella che sembrava essere la virtù e la forza numero uno del Gattuso calciatore, ora sembra essere il suo tallone d’achille come allenatore con una squadra che negli ultimi 40 giorni sembra rappresentare alla perfezione questo spirito del suo (per così dire) condottiero. E non basta dirlo a parole che ci vuole il veleno, la bava alla bocca e la voglia e capacità di soffrire. Certe cose vanno inculcate nella mentalità e fatte acquisire in un DNA troppo spesso non da Milan.

Certo, come molti addetti ai lavori hanno ricordato, la rosa del Milan forse non è all’altezza e le qualità tecniche sono davvero di basso livello per ambire a traguardi importanti. Certo, la società che si è insediata solo a fine luglio ed ha dovuto ereditare una situazione disastrosa dal punto di vista economica ed incerta dal punto di vista tecnico, ha le sue colpe su un mercato fatto in fretta e furia e senza la giusta pianificazione. Ma tutto questo non basta a giustificare il Milan visto da quel maledetto derby in poi. La squadra a tratti è stata disarmante e troppo brutta per essere vera. Non c’è una manovra, non c’è un’idea di gioco, non c’è la voglia e la capacità di aggredire l’avversario e rendersi pericolosi. Il gioco, a dire il vero, ha sempre latitato, ma almeno il Milan aveva sempre avuto un’anima e non aveva mai dato l’impressione di mollare prima del triplice fischio finale. Ora, come ammesso da Gattuso stesso, si è perso anche quello. Ma chi dovrebbe infondere certi valori alla squadra? Chi dovrebbe cercare di trovare il bandolo della matassa e dare quella spinta necessaria per far reagire i suoi calciatori? Ecco che, una volta che viene a mancare tutto questo, l’allenatore entra di diritto in prima fila nel banco degli imputati e purtroppo non c’è verso di difenderlo.

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