Baka tra Sarri, Champions e Ramadan

Che fine farà Tiemoué Bakayoko? Se lo chiedono i tifosi del Milan, ma anche quelli del Chelsea, interessati gli uni a capire se il francese potrà essere il perno del centrocampo della prossima stagione, gli altri ad assicurarsi che il club possa incassare 35 milioni di euro sonanti da reinvestire sul mercato. Già, perché anche in caso (oggi probabile) di ritorno a Londra, il giocatore difficilmente entrerà di nuovo nelle grazie di Maurizio Sarri che in mediana ha altre pedine inamovibili. Anche uno come Kovacic, tanto per dire, ha trovato poco spazio nel Chelsea disegnato dal tecnico italiano.

Per il Milan, ad ogni modo, sarà difficile sborsare 35 milioni di euro senza averne incassati altrettanti da qualche cessione illustre. A parte la situazione di André Silva, i “papabili” per fare cassa sono sempre i “soliti” Kessie, Calhanoglu e Suso. E poi c’è il discorso Champions, fondamentale da due parti: lato società per poter fare investimenti, lato giocatore per avere motivazioni sufficienti a rimanere a Milano anziché cercare una squadra in lotta nella massima competizione continentale.

E a livello ambientale? Come siamo messi? La lite con Rino Gattuso è stata archiviata, pur essendo il secondo episodio “negativo” dopo l’esposizione della maglia di Acerbi. Ogni discorso è prematuro, anche perché Ringhio è il meno sicuro di rimanere sulla panchina del Milan, nonostante qualche spiffero negli ultimi giorni abbia lasciato pensare che le sue quotazioni siano più in rialzo. Un retroscena, da pochi valutato, merita di essere preso in considerazione per archiviare definitivamente il lento riscaldamento in occasione di Milan-Bologna. Lunedì 6 maggio, infatti, era da poco iniziato il Ramadan, mese di digiuno e preghiera per la religione islamica, praticata da Bakayoko. Come verificato presso fonti qualificate, alle 21.00 di quella sera, con la partita in corso, il francese era a digiuno da oltre quindici ore. Forse qualcuno potrà concedergli l’attenuante per non aver effettuato scatti fulminei. Ciò detto, gli insulti e le parolacce volate davanti a telecamere e compagni di squadra non hanno comunque alibi.

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