Per amor proprio e del Milan

Per amor proprio. E per amore del Milan. Rino Gattuso ha preso due decisioni cruciali per il suo futuro: rinunciare alla panchina rossonera (prima che qualcuno gliela sfilasse) e lasciare sul tavolo tanti soldi per quel che rimaneva di due anni di contratto. Una scelta che racchiude, appunto, due sentimenti. Il primo riguarda la sfera professionale, visto che Ringhio sa che la strategia del Elliott di impostare una rosa giovane richiederà ulteriore tempo e pazienza per tornare in Champions League: una visione troppo distante dalla sua, espressa con chiarezza domenica scorsa a Ferrara. Il secondo sentimento riguarda la sfera personale: avrebbe avuto tutte le ragioni per farsi esonerare, rimanendo a libro paga ancora per un po’ o pretendendo una buonuscita, invece ha capito che sarebbe stata una “macchia” nel suo cuore rossonero.

Ancora una volta, insomma, Gattuso ha voluto dare una lezione a tutti in un mondo, quello del calcio, dove il tornaconto personale ha preso il sopravvento su tutto il resto. Non è un caso che Ringhio sia ancora “figlio” di una generazione in via d’estinzione, le cui tracce sono ancora riconducibili alle recenti lacrime di Andrea Barzagli e Daniele De Rossi, testimoni della scorza dei veri campioni del mondo abituati ad altri “schemi”, in campo e fuori dal campo. Gattuso ha scelto di lasciare con dignità e anticipare le mosse di una società che ha fatto poco per tenere il proprio allenatore e tutta Milanello sotto un ampio e robusto ombrello protettivo. Ecco perché in cuor suo Rino (e tutti i tifosi del Milan) sa che il quinto posto di quest’anno è più che un mezzo miracolo. Viste le squadre davanti. Viste le vicissitudini della squadra (ricordate le isterie di Higuain?). Vista l’evanescenza di certi protagonisti di quest’annata.

C’è poco oggi da discutere il progetto del Milan del futuro, ignoto ai più. E’ certo, però, che il fondo Elliott non abbia smaniato per prendersi una società di calcio in Italia. Qualche smemorato si ricordi che Singer si è ritrovato in mano perché vantava un credito “spazzatura” nei confronti dell’introvabile Yonghong Li: non potendo riprendersi oltre 300 milioni di euro, ha ereditato il controllo del Milan, pesantemente indebitato. L’obiettivo oggi è rimettere in sesto la società dal punto di vista economico-finanziario per poi rivenderla, sicuramente senza averci smenato un euro, meglio ancora guadagnandoci un po’ di denari.

La strategia, per ora solo “sussurrata”, di Ivan Gazidis, che di fatto inizia oggi a fare l’amministratore delegato, sembra ricalcare il modello Arsenal: investimenti sui giovani, società snella e stadio di proprietà. Il programma è sul medio-lungo termine, anche a costo di rimanere ancora un po’ fuori dalla Champions. Magari il momento del ritorno su quell’agognato palcoscenico coinciderà con l’addio di Elliott.  

Impostazioni privacy