Un punto dalla gloria a novanta minuti dalla fine. Milan, un mondo di motivi per crederci

FINCHÉ C’È VITA C’È SPERANZA

Se c’è una cosa che il Dio del calcio ha tenuto a ribadirci quest’anno è che questo gioco non finisce mai. Che spesso vince la logica, ma più spesso vince il nonsenso. Che i più forti non hanno sempre ragione. Che chi muore può tornare a risplendere e chi risplende può presto morire. È successo al Milan, che è morto e risorto ripetutamente nell’arco degli ultimi sei mesi. È successo all’Atalanta, che a febbraio era a meno 8 dal Milan e oggi ha in mano la penna per scrivere la sua storia. È successo all’Inter, inesorabilmente crollato nel finale e martoriato da colpi napoletani domenica sera, eppure ancora avanti. La stessa Roma, affondata con Di Francesco e riemersa con Ranieri, probabilmente si è giocata (male) la sua ultima carta a Reggio Emilia. Insomma la lotta alla Champions League, insieme a quella per la salvezza, hanno colmato alla grande quella voragine creata dall’impossibilità sostanziale di toccare la vetta. E un torneo già ampiamente scritto come il nostro si è rivelato fra i meno scontati d’Europa. Pur con duelli meno affascinanti o raffinati della corsa per il titolo inglese o della clamorosa Champions League di quest’anno. 

ESSERCI È GIÀ UN SUCCESSO

Ora, aldilà del risultato finale, a novanta minuti dalla fine del campionato si può dire che l’Atalanta ha fatto un miracolo, comunque finisca. Che il Milan non ha fallito. E che l’Inter ha deluso: perché se l’obiettivo era confermare serenamente il piazzamento in Champions, di certo non è stato raggiunto. Per Atalanta e Milan è già un successo giocarsi l’ultima con queste prospettive. Più per la Dea, certo. Ma anche per un Milan rivoluzionato in estate e ulteriormente riformato nel corso dell’anno, per via di infortuni, cessioni e tanto extra-campo. Sarebbe stato bello vedere lo stesso Milan tutto l’anno, ma forse quel Milan non sarebbe arrivato a questo punto. Chi lo sa. Poi deciderà il destino, ma già esserci è un bel traguardo. Novanta minuti dalla fine, un punto di distacco e un mondo di motivi per crederci. 

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