I limiti rimangono e sono evidenti

Nel mese di dicembre sono arrivati 7 punti in 3 partite, due delle quali in trasferta. Alzi la mano chi non ci avrebbe messo la firma, quando il Milan era a ridosso della zona retrocessione. Per questo motivo bisogna prendere per buono il pareggio contro il Sassuolo: la fortuna ha tolto ai rossoneri quello che aveva dato in più in occasione della vittoria di Parma, con il gol di Theo Hernandez scaturito da un rimpallo negli ultimi minuti. Va bene così. Soprattutto perché in queste 3 partite Pioli ha dimostrato che con logica e semplicità si può costruire una squadra in grado di portare avanti la stagione in modo dignitoso. I limiti rimangono e sono evidenti, motivo per cui, a parità di punti, il Napoli di Gattuso che sta attraversando un momento di crisi profonda, può legittimamente sperare in una difficilissima rincorsa Champions. Il Milan no. Non ci sono le basi. Tecniche, mentali e ambientali. Il limite attualmente più evidente è la difficoltà nel trovare la via del gol. Dopo i timidi segnali di risveglio a Bologna, Piatek ha confermato la sua involuzione stagionale al punto da farci domandare se il vero Piatek sia quello dell’anno scorso o quello di questi 4 mesi. Ne parla chi già durante la stagione di grazia del bomber polacco nutriva forti dubbi sulla sua dimensione di grandissimo attaccante. Come spiega lo stesso Piatek, per caratteristiche tecniche, tattiche e fisiche, lui ha bisogno di essere lanciato negli spazi in profondità con la prima palla in uscita dalla difesa. Il calcio manovrato e di palleggio, per intenderci quello che prediligono i vari Calhanoglu, Bonaventura e Suso, lo penalizza enormemente. Nello stretto fatica a destreggiarsi e perde tutti i tempi di giocata. Piatek non è un attaccante d’area, non ha il dribbling nello stretto, non è un centravanti di manovra. Piatek va lanciato in progressione e cerca sempre la profondità. Qualcuno dirà: ma come l’anno scorso faceva un sacco di gol di rapina in area? Risposta: quando un attaccante è in stato di grazia segna in tutti i modi, anche in quelli che non fanno parte delle sue peculiarità. Ricordo gol di Inzaghi con potenti tiri da fuori area e una sgroppata sulla sinistra contro la Lazio che sembrava Serginho conclusa da un assist perfetto per Rivaldo. Ricordo un gol di Vieri con tiro a giro sotto l’incrocio. Questo non significa che le caratteristiche di Inzaghi e Vieri fossero quelle. Morale: per ritrovare il vero Piatek il Milan dovrebbe giocare in modo totalmente diverso. Diverso anche da come giocava nell’ultima parte della scorsa stagione con Gattuso quando, non a caso, Piatek si stava già perdendo. Ma il Milan può giocare in modo diverso? Nossignori, finché in campo ci saranno giocatori delle caratteristiche di Suso, Bonaventura e Calhanoglu il Milan svilupperà quel tipo di gioco lì. E Pioli non centra nulla, perché le stesse caratteristiche di gioco si vedevano con Gattuso e prima ancora con Montella. Morale: purtroppo Piatek non ha quelle caratteristiche. E nelle gare che il Milan gioca in casa, quelle in cui mediamente tiene in mano il pallino del gioco e trascorre la maggior parte del tempo nella metà campo avversaria, Piatek va ancora più in difficoltà. Perché diminuisce la porzione di campo che ha per sfruttare la sua progressione in velocità, diminuiscono i lanci lunghi e lui è sempre meno a suo agio. Con il passare dei minuti e delle partite, subentra anche l’aspetto mentale ed ecco che per il polacco diventa sempre più diffficile invertire la tendenza di questa stagione. Il problema è che la sua crisi, che pare irreversibile, trascina tutto il Milan in una difficoltà ormai cronica nel trovare il gol. Paradossalmente, lo abbiamo visto contro il Sassuolo, con tutti i suoi limiti legati alla maturità, alla continuità e alle amnesie tattiche, Leao risulta più efficace e più adatto al gioco della squadra. Di sicuro però non si può pensare di fare tutto il girone di ritorno con Leao e questa versione sbiadita di Piatek. Motivo per cui, dopo averlo sbandierato in tutti i modi e dopo aver risolto le diatribe interne alla società, è arrivato il momento di annunciare ufficialmente il ritorno di Ibra. E non ci raccontate che pretende un ingaggio troppo elevato. Sennò ci tocca ricordare la montagna di stipendi buttati via per giocatori mediocri negli ultimi due anni e mezzo. Oppure ci tocca ricordare che tutti i dirigenti del Milan messi insieme prendono il triplo dello svedese. E non scendono in campo.

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