Inter con i bond, Milan con private equity: chi vince il derby dei conti?

Pochi giorni fa l’Inter ha annunciato, per finanziare la gestione caratteristica del club e i fini generali dell’azienda nerazzurra, l’emissione di un bond da 75 milioni attraverso l’emittente Inter Media and Communication al fine di rilanciare il bond da 300 milioni già lanciato nel dicembre 2017. Tramite questa strategia, in un periodo in cui il settore calcio manca di liquidità (introiti del botteghino e di tutto ciò che ruota attorno all’esperienza partita, accordi di sponsorizzazione rinegoziati al ribasso, emittenti televisive che chiedono uno sconto per il pagamento dei diritti sono tutti effetti causati dall’emergenza Covid e con cui i top team europei e non solo dovranno imparare a convivere) l’Inter ha intenzione di rimpinguare le proprie casse e immettere liquidità per far fronte alle esigenze di un calcio che richiede sempre maggiori sforzi economici per stare al top. Tuttavia, l’emissione del bond da una parte migliora nel breve-medio periodo la situazione reddituale dei nerazzurri, ma peggiora ulteriormente la posizione finanziaria del club: ricorrere a finanziamenti esterni per progetti tutto sommato caratteristici (non viene menzionato il nuovo stadio nel comunicato, o altri progetti sensibili che potrebbero incrementare sensibilmente il valore del club) è costoso, richiede garanzie solide da fornire agli investitori e presenta sempre i rischi del mercato, ossia che non è detto che tutte le obbligazioni nerazzurre vengano effettivamente acquistate.

E dall’altra parte del Naviglio? La pratica obbligazionaria non è estranea ai rossoneri, tanto che poco dopo aver preso controllo del Milan, nel settembre 2018 il fondo Elliott ha provveduto al rimborso anticipato di bond precedentemente emessi per 128 milioni. Tuttavia, il fondo di Paul Singer ha ricorso nei due anni di ownership rossonera quasi esclusivamente alla private equity come mezzo di finanziamento del club, già sommerso dai debiti e che nell’esercizio chiuso il 30 giugno 2019 è arrivato a toccare 146 milioni di passivo: la gestione di Elliott è pertanto fredda, razionale, attenta a ripianare prima possibile i buchi lasciati da Yonghong Li; l’emissione di obbligazioni avrebbe senz’altro aiutato il club rossonero nel breve, ma aumentando a dismisura il passivo e reperendo in tal modo risorse sul mercato a un costo maggiore.

Qual è quindi il modello migliore? La potenza di Suning, che oltre a immettere una quantità importante di capitale ricorre anche al finanziamento esterno in modo tale da costruire un’Inter più competitiva da subito, pagando un prezzo tuttavia più alto, o la gestione oculata di Elliott, che avendo ereditato conti disastrati e un pessimo management dalla proprietà cinese ricorre più alle immissioni di capitale proprio?
Come la maggior parte dei problemi economici, la risposta è “dipende”, solo il campo e i risultati economici venturi ci permetteranno di giudicarlo. Il derby è appena cominciato, ad ognuno le sue armi.

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