Sky Sport – Ibrahimovic: “Milanello mi è casa mia. Ho pensato di smettere e in futuro non so cosa farò. Champions? Si può”

Serata importante per tutti i tifosi rossoneri. Su Sky Sport 24 nel corso del programma di approfondimento “23” condotto da Marco Cattaneo, è andata in onda una “chiacchierata tra amici” ovvero Zlatan Ibrahimovic e l’ ex compagno di squadra, Massimo Ambrosini. Il campione svedese si racconta a 360 gradi ad Ambrosini tra aneddoti, ricordi, obiettivi, ambizioni e frasi a sensazione “alla Ibra”. Scenario dell’ intervista, un luogo che Ibra definisce “una casa” ovvero Milanello: “Mi sento a casa. Quando sono qua faccio tutto quello che bisogna fare, non ho fretta di tornare a casa perché sono già a casa. Ero già qua 10 anni fa con voi grandi calciatori. Il primo giorno? Nei test di forza, ho fatto il record senza riscaldamento. La settimana prima avevamo giocato Barcellona-Milan e poi la settimana dopo ero con voi, nel tunnel tutti mi dicevano di tornare con voi a Milano. C’era Galliani, era venuto a casa mia a Barcellona. Mi disse “non mi muovo da qui finché non vieni con me”. A Barcellona la situazione non era chiara, non ho ancora le risposte su cosa fosse il vero problema. Ancora oggi non capisco quali erano i problemi. Sono stato io uomo e ho detto che me ne sarei andato. C’era il Milan e altre squadre, ma mi sono detto che conosco Milano. Un grande club come il Milan, se ti chiama ti stimola e significa qualcosa. Con i calciatori che c’erano qua avevo tanti stimoli. Speravo, anzi sapevo che avremmo vinto qualcosa. Mi piacciono queste sfide, quando la gente parla contro mi carica, mi dà adrenalina per dimostrare che non è come dicono. Lavoro in silenzio e poi è il campo a parlare”.

Paura dopo la firma?:“Non avevo paura. Era la stessa situazione di quando ho firmato allo United, tutti dicevano che i ritmi della Premier erano troppo faticosi. Io faccio il contrario di quello che tutti dicono”.

Com’è cambiato Ibra: “Dieci anni fa ero un altro giocatore. Tornavo indietro per andare a prendere il pallone. Oggi non lo faccio, penso che se torno indietro spreco energie e non sono utile in attacco. Dieci anni fa se la palla non mi arrivava perfetta con quei giocatori. Ora giochiamo in un altro modo. Dieci anni fa c’erano giocatori che avevano uno status diverso, più personalità e carattere. Era un altro ego. Oggi mi arrabbio uguale, forse ancora di più. Ma ho equilibrio. Se vedo che uno non ce la fa allora cambio strategia. Prima trattavo tutti allo stesso modo. Non ti posso cambiare, devi essere te stesso. Chiedo tanto, se non ti alleni bene ti dico qualcosa, non accetto un passaggio sbagliato, tutto questo ancora oggi. Poi dipende da te come lo prendi, come ti alleni è come giochi. La mia filosofia è questa, poi forse per i brasiliani è differente. Si allenano in modo tranquillo e poi danno spettacolo in partita. Ora mi hanno detto “fai vedere la strada e noi ti seguiamo”.

Su Pioli: “Ogni anno che passa il giocatore cambia. Abbiamo un mister che chiede di giocare in modo preciso. Mi piace come giochiamo, ha trovato un modo per fare uscire il massimo dalle mie qualità. Mi fa giocare nel miglior modo per aiutare la squadra. Parla tanto con me e mi chiede tante cose così come chiede tanto alla squadra. È normale che voglio giocare sempre, ma è anche lui che mi dice sempre di giocare anche quando voglio riposare. Sono disponibile, anche quando mi chiede di giocare 45’ in EL. Sono disponibile, i compagni mi rispettano tanto e li aiuto. Sento tanto questo senso di responsabilità e mi piace tanto”.

Sulla squadra: “La squadra ha tanta fame e voglia, stiamo facendo bene. Non ci sono obiettivi o sogni, giochiamo una partita alla volta. Io ce l’ho il mio obiettivo, ma per la squadra è quello di fare meglio dell’anno passato. Guardiamo una partita per volta. La squadra è molto giovane, non hanno il felling di vincere qualcosa. Non hanno questo pensiero fisso sugli obiettivi. Non dobbiamo rilassarci, e qui entro io. Non bisogna essere soddisfatti. Sappiamo che la squadra non è come Inter e Juventus che hanno un organico più ampio. Noi siamo giovani, magari qualcuno non è pronto per giocare tutte le partite. Il senso è che dobbiamo vincere se vogliamo qualcosa, non sono abituati. Contro il Rio Ave si è vista la pressione, hanno iniziato a giocare per qualcosa. Hanno un po’ di esperienza ma non sono abituati”.

La squadra può puntare alla Champions? “Penso di sì. Ho giocato 8 mesi qua, penso di sì. Però non conta solo la qualità o il talento, conta il sacrificio e la disciplina. Tutti piccoli dettagli che fanno la differenza”.

Impressioni su “The Last Dance”?: “Mi è piaciuto. Hanno sempre detto che giocare con me è difficile, sono aggressivo. Poi quando è uscito Last Dance è l’esempio perfetto. Non dico che sono Jordan, ma ho quel modo di lavorare. È una mentalità per vincere. Io metto tanta pressione, chiedo tanto, non accetto un pallone sbagliato, a questi livelli siamo tutti qua per fare la prestazione. Al Milan ti chiedono tanto perché bisogna vincere. Nel mio mondo faccio tutto per vincere. Nel mio mondo è normale se fai le cose bene, se sbagli è normale che uno te lo faccia notare. Io sono qui da sempre. O mangi o ti mangiano. Io ho scelto di mangiare”.

Cosa farà Ibra dopo: “Non lo so. Ho due figli, due vite in un’altra vita. Allenatore? Non penso. È una cosa molto stressante. Se sei stato un calciatore stare fuori dal campo a dare indicazioni agli altri e magari non ci riescono. Finché posso continuare a stare bene gioco. Quando sei vecchio si parla solo di fisico, come con Totti. Non è che mancano le qualità. Se uno ha ritmo ce la fa. È quella la cosa importante. Non perdi qualità, è impossibile. È una questione fisica”.

La conferma di Pioli e il rinnovo: “Pioli mi ha chiesto cosa volessi fare. Gli ho detto “Basta, non continuo”. Penavo ai sacrifici e pensavo alla famiglia che è in Svezia. Se faccio un altro anno come questi sei mesi, no. Pioli mi ha detto “ti rispetto”. Il giorno dopo mi ha richiamato: “Non è così semplice. Ieri ti ho lasciato troppo facilmente. Se tu non rimani qua sarà un’altra cosa”. Gli ho detto “Mister, ho deciso”. Dopo sono andato in vacanza. Il contratto non era importante, a quest’età non serve. Mi serve solo il rispetto e i valori. La sfida però era bella e difficile. Però sono arrivato anche a pensare che non avrei voluto avere rimpianti. E allora ho chiamato Mino e gli ho detto “Chiudi tutto, si va avanti”. Ma all’inizio avevo detto di no, che il prossimo anno non sarei rimasto”.

Il rapporto con Milano: “Molto bene, ma mi manca la famiglia. Non è facile, è la prima volta che sono in un club senza di loro. L’obiettivo sportivo mi toglie di mente la mancanza della famiglia“.

In conclusione: “C’è troppa positività qua non mi piace, ora è troppo facile. Mi piace di più se mi attaccano e quindi cresco ancora di più. Ho stimoli ma mi serve più adrenalina. Io però sono l’esempio della squadra, non posso fare sciocchezze. Però voglio che qualcosa succeda, queste cose mi caricano”.

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