Leao, l’ex allenatore rivela: “Era visto come un anarchico, lo Sporting voleva scartarlo”

Il rendimento di Rafael Leao nelle ultime settimane è tornato a livelli da top player assoluto. Si è rivelato decisivo il suo contributo nel passaggio del turno del club rossonero in Champions League contro il Napoli grazie alle sue potentissime sgasate.

Anche in campionato, dopo due panchine di fila dall’inizio per preservarlo in ottica Champions, è tornato ad incidere grazie alla doppietta contro il Lecce. Insomma, siamo forse alla fase della sua affermazione definitiva fra i fuoriclasse del ruolo.

Leao in campo a San Siro
Leao Milan

Leao, le rivelazioni dell’ex allenatore

In un momento così, La Gazzetta dello Sport ha deciso di farsi raccontare alcuni aneddoti dal suo primo allenatore allo Sporting Lisbona Pedro Goncalves. Egli, attuale ct dell’Angola, ha svelato un sacco di retroscena sull’inizio di carriera dell’attuale stella del Milan. Di seguito quanto riportato:

Tutti gli altri, quando lo guardavano, vedevano un anarchico, io invece intravedevo potenzialità mai viste prima, così ho convinto i piani alti a non lasciarlo andare. L’ho allenato due anni. Vedevo lui in qualcosa che altri non vedevano, e ne vado fiero. Dopo un’annata storta stava per lasciare l’Accademia. Era un talento, dribblava, segnava, insomma era uno su cui contare, ma giocava per sè stesso. Era anarchico, libertino, un ragazzo difficile da inquadrare”.

Ricordo la prima riunione dove parlammo di lui, mi dissero he l’avrebbero scartato. Così mi imposi con i piani alti. Assicurai che entro un anno sarebbe stato un calciatore più maturo. Ribadii a tutti che avrebbe fatto la differenza e che sarebbe salito in prima squadra. Mi guardavano scettici, ma alla fine ho avuto ragione io“.

“Direi che è cambiato con il tempo. Dopo tre mesi sotto la mia gestione fu convocato dall’Under 16 portoghese. Quando ha ricevuto la lettera mi presentai da lui con un bel sorriso. ‘Hai visto? Bastava impegnarsi un po’ di più…’. Rafa mi abbracciò come fossi suo padre”.

Cambiò totalmente approccio. In pochi vedevano quello che vedevo io, ovvero un ragazzo che aveva soltanto bisogno di fiducia. Avete presente il famoso sorriso quando rincorre la palla? Ecco, nacque quell’anno. Spontaneo come non era mai stato. Prima giocava per sè stesso, poi ha capito che oltre al talento serve anche il sacrificio“.

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