Cafù, da giocatore finito ad intramotabile

E’ l’estate del 2003. La Roma è reduce da una pessima annata, terminata con un deludente ottavo posto in Campionato. La società, decidendo di accontentare i tifosi delusi, opta per il ringiovanimento della rosa. Il primo a fare le valigie è Cafù, ormai trentatreenne e sul viale del tramonto. Ad ingaggiare l’esterno brasiliano è il Milan, ai tempi fresco Campione d’Europa e vincitore della Coppa Italia.

Arrivato a parametro zero e visto da tutti con scetticismo, il pendolino è però in grado di zittire le malelingue: a Milano, si torna a vedere il grintosissimo esterno dei tempi d’oro, in grado di proporsi costantemente in avanti per sfornare cross perfetti per i frombolieri rossoneri.

L’annata si conclude con la conquista dello Scudetto e Cafù, ritenuto uno dei migliori assist men della stagione, è tra i principali protagonisti. Le stagioni successive non sono altro che la riconferma di quanto dimostrato nella prima annata e i tifosi giallorossi non possono che rodersi il fegato. Milano lo ama più di Roma, Marcos ricambia l’affetto del pubblico con grandi prestazioni: anche quando è vecchio per disputare tutte le gare stagionali, si mette pazientemente a disposizione del mister, facendosi sempre trovare pronto nel momento del bisogno.

Importanti testimonianze in merito sono i quattro gol realizzati dal pendolino con la maglia del Milan. Pochi, ma sempre importanti e mai banali. I più preziosi sono sicuramente quelli messi a segno contro il Parma, in occasione della penultima gara del Campionato 2005/2006, e contro l‘Udinese, realizzato durante l’ultima sua partita. Cafù lascia il Milan dopo avere vinto uno Scudetto, una Supercoppa Italiana, una Champions League, un Mondiale per Club e due Supercoppe Europee.

Insomma, un bottino da eroe. La sua filosofia di vita, “don’t worry, be happy“, l’ha portato a raggiungere grandi traguardi. In tutto il Mondo, Cafù viene ricordato per le sue qualità e, soprattutto, per la sua professionalità e per la sua lealtà, doti indispensabili per essere un grande.

Paolo Fulgosi

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